Emerge semprepiù il fattaccio sessista della famosa agenzia We Are Social dove, secondo quanto si sa, un gruppone formato da 80 uomini commentava e giudicava le fattezze delle colleghe, oltre ad insultarle su un gruppo Skype. L’azienda nega e dichiara di attivare un’indagine affidata a terzi. Nel frattempo sui social si moltiplicano le testimonianze delle donne che dicono: “È successo anche a me”.
We Are Social… ma anche molto sporcaccioni!
Una specie di #MeToo del mondo della comunicazione milanese, attraverso una serie di testimonianze social arrivate anche sulle pagine sui giornali. Lo scandalo di una chat di “lavoro” completamente al maschile, creata per commentare i corpi delle colleghe, giudicarne i look e scambiarsi foto delle nuove arrivate. Fino ad arrivare a stilare delle vere e proprie classifiche con tanto di voti, infarcendo il tutto con raccontini di svariate fantasie erotiche, tra insulti e offese. La nota agenzia di comunicazione We Are Social, che vanta be 18 sedi in tutto il mondo, ora deve difendersi da questo vero e proprio tsunami. La chat incriminata risale al 2016 ma, fino ad oggi, tutto era stato conservato in una sorta di vaso di Pandora che ora viene scoperchiato, rivelando tutto il suo vergognoso contenuto, riproponendo la cruda realtà delle molestie sui luoghi di lavoro.
La chat, trionfo di bieco sessismo
Il 9 giugno scorso è uscita un’intervista di Monica Rossi (pseudonimo di un uomo che conoscerebbe estremamente bene il mondo dell’editoria) al pubblicitario Massimo Guastini, ex presidente dell’Art Directors Club italiano. Guastini ha descritto a ruota libera uno scenario di molestie nel mondo della comunicazione a ruota libera. Senza risparmiare nomi e cognomi e tirando in ballo la “chat degli 80” dove “diversi uomini catalogavano e davano i voti chi al culo, chi alle tette, chi alle gambe di queste giovani stagiste che potevano essere le loro figlie”. In quel gruppo Skype, attivo durante l’orario d’ufficio, l’argomento era sempre il medesimo: “Quanto sono sc*****li, fighe, ribaltabili o cesse le colleghe”.
Ordinatamente anche su Excel
Si parla anche di un “foglio Excel che non contiene numeri e voti ma i nomi delle proprietarie dei più bei culi femminili in azienda”. Guastini prosegue, menzionando tristissimi esempi espliciti volgari e umilianti. Basta e avanza citarne uno fra i tanti: “E talmente cessa e grassa che le infilerei un sacchetto in testa e me la sc*****i comunque, di prepotenza”.