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Riders on the storm… ma stavolta vincono loro su Uber e Deliveroo: la rivoluzione trionfa su due ruote

Due società del food delivery – Uber e Deliveroo – finite nel 2021 insieme ad altre, nel ciclone di un’indagine pilota della Procura di Milano sulle condizioni di lavoro e di sicurezza di circa 60mila rider, dovranno pagare all’Inps i contributi per migliaia di rider. Attualmente non si conosce l’esatto ammontare della cifra… ma potrebbe arrivare ad alcune decine di milioni di euro!

Un servizio che ormai fa parte delle nostre abitudini alimentari

Questa la sentenza su due cause distinte che vedono coinvolte altrettanti operatori delle consegne a domicilio, quelle che molti di noi utilizzano per placare un improvviso attacco di fame serale, per una pizza con gli amici davanti alla tv per un match della nazionale o, più semplicemente, per poca voglia di mettersi a spignattare davanti ai fornelli. Per Deliveroo il periodo sarebbe quello che va dal 2016 al 2020, per Uber (che ha chiuso la sua attività sul mercato italiano) il biennio 2020-21.

Da autonomi a coordinati continuativi

Al centro dei procedimenti i verbali amministrativi, notificati dall’Ispettorato del lavoro e impugnati dalle società sopracitate, nei quali era stato indicato che le posizioni di migliaia dei cosiddetti ” ciclofattorini” andavano necessariamente regolarizzate. Trasformandoli da lavoratori autonomi a “coordinati continuativi”, con tutte le garanzie del caso, annesse e connesse. Il giudice del lavoro ha seguito la posizione presa all’epoca dalla Procura e dall’Ispettorato del lavoro, stabilendo quindi che i lavoratori hanno prestato servizio come collaboratori coordinati continuativi, in riferimento all’articolo 2 del Jobs Act.

E nun ce vonno sta…

La società Deliveroo ha già comunicato che ricorrerà in appello: “Stiamo analizzando i dettagli della decisione che si basa su un modello vecchio e un sistema di lavoro dismesso e che non esiste più. Non si tratta di una decisione definitiva ma di un giudizio di primo grado, a cui faremo appello”. Anche Uber non inghiotte il rospo e dichiara: “Non condividiamo la decisione e siamo pronti a fare appello nelle sedi competenti. La maggior parte dei fatti presi in considerazione nelle indagini non sono applicabili a Uber Eats e descrivono modelli operativi della concorrenza molto diversi dalle nostre passate operazioni di delivery”.

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