Diciottesima edizione, con tutte le intenzioni di proseguire. Ballando con le stelle è tornato, halleluja! Mentre sulla concorrente storica di Cologno il Grande Fratello Vip avanza come uno zombie in una landa desolata stile Walking Dead, sulla rete ammiraglia di Viale Mazzini il programma – guidato da Milly Carlucci – nell’anno della maggiore età propone la danza delle cariatidi. Un cast ricco di personalità televisive che, nella maggior parte dei casi, non necessitano di ulteriori presentazioni ma sulle quali pesano i dati anagrafici.
La tv come noiosa, irrinunciabile abitudine
In barba all’essere necessariamente contemporaneo, lo show danzerino schiera la solita squadra di giudici. Fregandosene altamente di intercettare l’interesse dei giovani, come invece ha fatto con successo Amadeus con le ultime edizioni di Sanremo. Secondo gli autori di Ballando, probabilmente, il rito è tale e quindi va officiato sempre nella medesima maniera. Pensando che in questo modo il pubblico del divano si senta a tutti gli effetti “a casa”. Con un Guillermo Mariotto e le sue epiche stroncature, Ivan Zazzaroni che sta perennemente in piedi: (sciatica?!?), l’antipatia congenita e la supponenza di Selvaggia Lucarelli. Tutti piccoli, immancabili tasselli di un mosaico abitudinario, dove l’intrattenimento fa rima con consuetudine, con rassicurazione ed anche con noia. Nonostante l’ottimo share della puntata inaugurale, dimostrazione che i punti in più non s’accoppiano necessariamente sulla qualità.
Giudici che andrebbero giudicati
Mentre Mariotto prova a fare il Malgioglio della situazione in versione intellettuale (praticamente una “contraddizione in termini”), la Lucarelli lancia una frecciatina a Barbara D’Urso e Zazzaroni cita Loretta Goggi chiamandola “quella”: “Come dice quella? Chapeau!”. Anche perchè il vero fulcro della trasmissione, se qualcuno non l’avesse ancora capito, NON sono i passi di mambo, rumba e cha-cha-cha!
Il pianto a dirotto di “Nonno Libero”
Sul fronte concorrenti, Teo Mammucari è apparso ritemprato dal passaggio alla concorrenza (a Tú sí que vales ultimamente faceva la figura di quello che passava lì per caso). Il resto è una passerella di vecchie glorie, che raggiunge l’apice con cinque 10 ad honorem espressi per Lino Banfi, che danza (o cerca di farlo) con la gigantografia della moglie – che non c’è più – sul ledwall. A fine performance, scoppia comprensibilmente in un pianto a dirotto, coprendosi dignitosamente il viso con le mani. Giustificabile lui – chi ha perso un consorte conosce bene l’incolmabile dolore che si prova – ma vergognosi gli autori che hanno pensato ad una cosa del genere. Un vero e proprio atto di sciacallaggio attorno alle lecite fragilità di noi umani. Ma per gli ascolti tutto è permesso, come in guerra. Non a caso si bombardano i civili, gli ospedali e le scuole.
Frignano tutti
Gli altri? La Ventura che gioca a fare la ragazzina, Sara Croce “bella che non balla… ma frigna”, Wanda Nara anche lei in lacrime, Tognazzi piacione che gioca a fare il ragazzino… BASTA! Su Amazon Prime ho visto che in questi giorni hanno caricato quell’horror coreano dove alcuni pericolosi criminali provocano una violenta rivolta, mentre vengono trasferiti dalle Filippine alla Corea del Sud. Ecco, mi piacerebbe che anche i telespettatori una volta tanto si ribellassero, visto che per questi programmi sono costretti a pagare – come il sottoscritto – un canone d’abbonamento. Pure Amazon Prime – come qualcuno obietterà – è una piattaforma a pagamento. Che però diverte.
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