Per qualcuno che si intende di televisione – come il Professor Aldo Grasso – Ballando con le stelle è paragonabile a L’isola dei famosi… ma a passo di danza. Contesto perfetto per chi, dal punto di vista mediatico e/o professionale non è più costantemente sotto ai riflettori ma ha ancora la voglia di apparire, anzi… di sgambettare! Pensando (o meglio, sperando) che la loro volontà di apparire possa essere confusa dal popolo bue del piccolo schermo per talento.
Che nostalgia per il varietà di qualità
Lontani anni luce dai grandi varietà del sabato sera targati Rai (Gino Landi docet), lo show capitanato da Milly Carlucci è davvero poco gradevole, con quel sapore di stantio del pane del giorno prima. Per i partecipanti rappresenta un’occasione per ricevere l’ennesimo applauso… ma per gli spettatori è una pasta avanzata riscaldata al microonde: che tristezza, che amarezza…
Carlucci? La De Filippi dei poveri
Grasso, nella sua disamina sulle pagine del Corsera, paragona la Carlucci ad una “Maria De Filippi che la Rai può permettersi”. Chissà cosa le passa davvero per la testa, dietro a quel sorriso perennemente stampato in viso e a quell’enfasi costantemente impiegata nel dire qualsiasi cosa, anche la più banale.
Un’indigestione di noia
Sull’inutilità dell’ennesima edizione di Ballando, noi di Dillinger ci siamo espressi già ieri, senza risparmiarci. La trasmissione appare come una sorta di circolo privato dove sono tutti amici, dove tutti si vogliono (fintamente) bene. La Perego è amica/collega della Ventura – imbarcate insieme in Citofonare Rai 2, un altra pugnalata nella schiena degli abbonati Rai. La Ventura si porta appresso il futuro marito Giovanni Terzi, poi c’è il figlio di Rocco Siffredi che, squallidamente, è impegnato nel valorizzare dal punto di vista educativo le caratteristiche della pornografia, Wanda Nara che cerca nella danza il conforto per lei ed i figli alla sua malattia. Un circo Barnum che somiglia ad un’insalata russa preparata con maionese industriale in odore di scadenza e verdurine scongelate. Sarà mai che con tutte queste metafore alimentari… si faccia un’indigestione di noia, reprimendo a fatica pure un – BURP – ruttino finale?