Alcuni video pornografici apparsi sul sito Xhamaster, specializzato in visioni a luci rossissime e molto popolare fra gli onanisti seriali, hanno recentemente visto come protagonista inconsapevole l’attuale presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni «che veniva ritratta nuda – si legge nel capo d’imputazione – intenta ad avere rapporti sessuali con diversi uomini, nonché in condotte di autoerotismo, in alcuni casi accompagnate da scritte altamente diffamatorie». Naturalmente il volto era suo ma non il corpo, qualcuno avrebbe manipolato il video sostituendo il viso della vera attrice con quello della Meloni.
Padre e figlio indagati
Naturalmente la premier si è costituita parte civile nel processo contro i due imputati di diffamazione – padre e figlio, rispettivamente di 73 e 40 anni – tutelata da Maria Giulia Marongiu, avvocata del foro di Cagliari.
Un’indagine che dagli USA è arrivata in Sardegna
A maggio del 2020, quando quelle immagini erano circolate, le indagini avevano preso il via, coinvolgendo addirittura una rete internazionale di investigatori, approdando a Sassari dagli Stati Uniti. Risalendo al nickname dell’utente che per l’accusa avrebbe caricato in rete «foto, videomontaggi e manipolazioni grafiche dalle sembianze inequivocabilmente riferibili alla persona di Giorgia Meloni, offendendone la reputazione». Guarda caso la rete telefonica dalla quale partiva la connessione internet di quell’utente risultava intestata proprio agli imputati! Sporcaccioni ma non particolarmente abili nell’uso della rete, non si erano preoccupati di nascondere la connessione con uno dei tanti tecnicismi che al giorno d’oggi è possibile utilizzare.
Il deepfake impazza… e stavolta si trasforma in porno-politica
Secondo le indagini, padre e figlio avevano utilizzato la tecnica del deepfake per mettere alla berlina l’allora leader di Fratelli d’Italia, raggiungendo milioni di visualizzazioni. Uno degli imputati, il figlio 40enne, era risultato essere anche un grafico informatico, considerato l’artefice tecnico di questi video diffamatori.
Nei computer dei due ulteriori riscontri alle accuse
La perquisizione della polizia postale di Sassari ha fatto emergere “ulteriori elementi di riscontro”, durante il sequestro dei computer. Per gli investigatori la coppia non risulta essere una novità: i loro nomi erano infatti già comparsi in un’altra indagine svolta sempre dal personale della polizia postale di Sassari che li vedeva responsabili di diffamazione e minaccia a mezzo social network ai danni del titolare di un ristoratore a Sassari.