Un dramedy in bianco e nero ambientato nella Roma del Dopoguerra, una storia che vuole sottolineare l’importanza e le fatiche di tutte quelle donne che lottano quotidianamente per la propria emancipazione.
Delia, questo il nome della protagonista (Paola Cortellesi), è una donna costretta a subire da parte del marito (Valerio Mastandrea) violenze verbali e fisiche che lei stessa tenta di giustificare, raccontando che “è nervoso perché ha combattuto due guerre”.
Diverse le scene di violenza che però vengono abilmente fatte solo intendere, mimando le colluttazione con gesti coreografici “a suon di musica”. Questo effetto, unito all’imprinting comico, che contraddistingue la teatralità di Paola Cortellesi (NASTRO D’ARGENTO per ben tre volte come migliore attrice di commedia), rende il film assolutamente adatto anche alla visione dei più piccoli.
Con questa pellicola Paola Cortellesi vuole non solo fare luce sulla piaga sociale dei femminicidi in ambito familiare (in crescita nell’ultimo anno del +14%, secondo i dati del ministero degli Interni), ma anche su una problematica ancora per certi aspetti molto attuale, ovvero le difficoltà che si trova ad affrontare una donna, sopratutto quando vive in contesti di precarietà economica, quando cerca di emanciparsi da un marito o da un padre.
Emblematico il caso della figlia di Delia che sembrerebbe non avere alternative valide alla propria “emancipazione” se non quella di passare dalla mano del padre alla mano di un buon partito borghese in cui la madre proietta tutto il desiderio di una vita libera per la figlia.
Un desiderio che si dimostra ben presto illusorio distrutto dagli atteggiamenti possessivi del ragazzo nei confronti della giovane promessa sposa.
La scelta di ambientare il racconto di Delia durante gli anni del dopoguerra sembra voler insegnare a noi “donne Moderne” un punto cruciale di questa storia di emancipazione femminile…
Non solo l’importanza della “sorellanza” che emerge e commuove in una scena che incornicia il rapporto con l’amica fidata MARISA
(Emanuela Fanelli), dove le donne condividono, come due adolescenti, il sapore di una sigaretta americana.
Ma soprattutto questo film riesce a centrare il vero e unico significato delle origini del femminismo in Italia e dei valori e sacrifici che portarono a mettere le prime fondamenta in quegli anni di una lotta di cui oggi si è’ perso forse il vero significato confondendola a volte con il diritto a oggettificare il corpo femminile (quello è’ puro esibizionismo, non si chiama femminismo), o il diritto a tenersi i peli (quelli invece sono solo gusti personali).
Carla Lonzi (1931-1982) infatti, definita come la pensatrice femminista per eccellenza, contribuì proprio in quegli anni a dar voce al malessere che vivono molte donne ancora oggi e scrisse “la famiglia è il caposaldo dell’ordine patriarcale: essa è fondata non solo negli interessi economici, ma nei meccanismi psichici dell’uomo che in ogni epoca ha avuto la donna come oggetto di dominio e suo piedistallo per le più alte imprese” .
Per concludere: il patriarcato non è’ sicuramente stato sconfitto ma la Cortellesi nell’ultima scena punta sicuramente ad aprirci gli occhi su una preoccupante emergenza che viviamo tutti noi, quale? Andate a vedere il film!
“Stringevamo le tessere elettorali come se fossero lettere d’amore”