Come faranno gli stabilimenti balneari se non gli verrà concesso il bando? L’esecutivo europeo ha inviato a Roma il parere motivato, compiendo così il secondo passo dell’iter. Ora l’Italia avrebbe solo due mesi per rispondere alle istanze europee, in caso contrario sono caz*i, perchè potrebbe scattare il deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione europea che dovrà pronunciarsi a tal proposito.
E come faranno i più grandi stabilimenti italiani qualorà non superassero questa dura prova? La riviera romagnola o quella della Versiglia perderebbero perdere fior di quattrini.
“Abbiamo emesso il parere motivato. Ora le autorità italiane hanno due mesi di tempo per adottare le misure necessarie per fornirci le risposte. E poi decideremo i prossimi passi. La corretta applicazione del diritto comunitario è sempre la nostra massima priorità, ma preferiamo sempre anche concordare con gli Stati membri piuttosto che doverli portare alla Corte. E ancora una volta non si tratta di una procedura per portare l’Italia in tribunale. È il parere motivato. E ciò non pregiudica il proseguimento delle trattative che abbiamo con le autorità italiane”, ha confermato la portavoce della Commissione europea per il Mercato interno, Johanna Bernsel.
“Il parere motivato odierno che ci dà la possibilità di andare in tribunale tra due mesi. Quindi penso che ciò che stiamo facendo oggi sia proprio quello di consentire alla procedura di andare avanti. E, ancora una volta, ciò non pregiudica il proseguimento del dialogo con le autorità italiane. Ma non stiamo ritardando nulla”, ha precisato poi la portavoce.
Una battaglia iniziata nel 2020
Il contenzioso tra la Commissione europea e l’Italia risale al 4 dicembre 2020 quando l’esecutivo mandò a Roma una lettera di messa in mora. “Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”.
“In una sentenza del 14 luglio 2016 emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. L’Italia non ha attuato la sentenza della Corte”. Inoltre “l’Italia da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione”.
Secondo la Commissione quindi la normativa italiana, oltre a non essere in linea con il diritto dell’Unione Europea è anche in contrasto con la sostanza della sentenza della Corte di giustizia e creando così una certa confusione giuridica per i servizi turistici balneari, e in tal mondo scoraggiando gli investimenti all’interno di un settore molto importante per l’economia italiana. Come finirà? Sarà tutto risolto per la prossima stagione balneare?