Due giorni fa il comico Paolo Ruffini ha pubblicato sul suo profilo Instagram un video sul politicamente corretto, che ha fatto discutere, che ha diviso ma, che al tempo stesso, ha trovato tante persone che hanno commentato con un “finalmente qualcuno che lo dice”. Nella didascalia del video Ruffini dice che “se i social ci fossero sempre stati, il 90% del nostro bagaglio culturale non sarebbe potuto esistere. Immaginatevi oggi Benigni con la Carrà o Pippo Baudo, Fantozzi, Fellini, Mastroianni, Pasolini, ma anche solo i cinepanettoni o il drive-in”.
GUARDA IL VIDEO
Ruffini fa luce su un discorso fondamentale per l’epoca in cui viviamo, epoca in cui si basa tutto sull’apparenza, sull’omologazione e sul dire ciò che conviene, come e quando il popolino lo desidera. E questo per che cosa? Per il consenso, sia esso politico, sociale o social.
RUFFINI, MA NON SOLO LUI
Ma il punto non è (solo) quello del comico, perché ci sono persone, poi diventate con il tempo personaggi, che hanno fatto la storia. Come? Non tacendo e morendo letteralmente per le proprie idee. Vi ricorda qualcosa Giordano Bruno? Morto nel febbraio del 1600, bruciato sul rogo a Roma, esattamente a Campo de’ Fiori, accusato di eresia, blasfemia e pratiche di magia nera. Giordano Bruno non ha voluto abiurare alle sue teorie filosofiche ed è stato disposto alla morte: sosteneva infatti, a differenza di Copernico che parlava di mondo “finito”, l’infinitezza dell’universo. E quindi infinito non era solo Dio, ma anche l’universo stesso.
COME IL POLITICAMENTE CORRETTO CI ANNIENTERÀ
Il politicamente corretto ci impedisce di utilizzare la parola “grassa”, ma persino “sovrappeso”, quando questi due epiteti altro non sono che una banale descrizione e definizione di un qualcosa che ci troviamo davanti. Se avessimo telecamere nelle case di tutte quelle persone che altro non fanno che sciorinare tutti i giorni la loro bontà d’animo e delicatezza lessicale, ci renderemmo conto che essere politicamente corretti non solo è una stronzata, ma è impossibile.
L’ipocrisia dominante
Stiamo aspirando, in modo totalmente ipocrita, a un mondo che non può esistere o che, se mai dovesse essere utopicamente raggiunto, sarebbe il regno della parvenza e non dell’essenza. Non è possibile non giudicare, perché il giudizio è insito in noi, è frutto del pensiero, del pensiero critico, e senza di esso altro non saremmo che dei cavallucci marini, delle amebe, dei figli di una dittatura bianca.
Una sottile dittatura
Parlo di dittatura, con totale convinzione nell’uso di questa parola. Spesso ci si riferisce alla dittatura pensando che essa sia solo un qualcosa riferibile al populismo, alla politica, a regimi autoritari che impongono la repressione. Millantano di volere un mondo fatto di libertà di espressione, di fluidità, di gender non so più che cosa, ma tentano, con linciaggi social e mediatici, di metterci il bavaglio non appena siamo in dissenso con il pensiero unico.
È questa forma di pensiero ad aver ucciso, ad aver mietuto vittime intellettuali, ad aver generato una società che punta all’omologazione piuttosto che alla distinzione e finché non cercheremo una nostra identità, a discapito del consenso, non solo non ci sarà mai, ma non saremo altro che marionette gestite e manovrate da un’entità intangibile che porta il nome di “politicamente corretto”. A noi tutto ciò non sta bene, perché non vogliamo rimanere intrappolati nel torpore mentale a cui ci vogliono relegare. Voi prendete pure la vostra decisione.