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La Capotondi accusa la trap, gli artisti si difendono: “La nostra è fiction”. Anche quello che ha fatto Shiva era tale?!?

Cristina Capotondi su La7 parla e accusa la musica trap. La risposta dei cantanti Luché e Niky Savage.

Come viene tratta la donna nella trap?

“Ma l’avete ascoltata la musica trap? Perché la trap l’ascoltano gli adolescenti. E come viene trattata la donna nella trap? Di cosa ci sorprendiamo dunque se un giovane di 23 anni considera una donna di 22 anni un oggetto tale per cui poi gli toglie la vita?”. Queste sono le domande della Capotondi a In altre parole, il programma che passa la domenica su La7 di Massimo Gramellini. Che alzano un polverone che in un attimo spopola nei social. E in un’epoca come questa, in una società “liquida”, come direbbe Baumann, dove tutto scorre ad una velocità inverosimile, la risposta è arrivata il giorno successivo.

La risposta di Luché

E’ giunta una difesa un po’ qualunquista e generalizzata dei propri testi da parte dei trapper. Il primo a voler far sentire la sua voce è stato proprio il cantante napoletano Luché, che su Instagram scrive: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.

La risposta, un “pelo” più spinta, di Niky Savage

Una risposta piuttosto diretta e pragmatica quella di Niky Savage (giusto per inquadrarlo un attimo, in suo pezzo canta “Buono, ma non fare la suora oppure te le suono”), che nelle sue ultime storie Instagram ha ripubblicato la foto dei due omicida responsabili degli ultimi femminicidi in Italia: “Mi sono rotto il cazzo di sentire associato a questa merda. “L’avete sentita la musica trap?”, sì ed è meglio di sentire certe cazzate che dite. Guardo ‘ste due facce di merda e vorrei tanto sapere che musica ascoltino, sono sicuro che rimarremmo tutti stupiti! Detto questo, portiamo rispetto alle povere ragazze vittime di queste bestie, e alle loro famiglie”

La rivista Esse fa un punto della situazione

Anche la rivista Esse, una sorta di reliquia del mondo Hip Hop, una fonte di riferimento soprattutto per i giovani rapper e trapper, ha lasciato il proprio pensiero:

“Per una volta facciamoci un esame di coscienza come società, invece di dare ancora la colpa al rap”, scrive la redazione della rivista. “E’ chiaro che la rabbia sia tanta per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Ed è chiaro che la richiesta del 50% della società all’altra metà sia totalmente lineare e inattaccabile: “non voltatevi dall’altra parte”. E’ la volta buona che questo grido di aiuto venga ascoltato per davvero. Non con storie a sfondo nero di Instagram, ma con azioni concrete, ogni giorno.

“Si sono dette tante cose nelle ultime ore. E tra tutte queste voci non ci ha lasciato indifferente quello che ha detto Cristiana Capotondi. La rabbia fa perdere il focus. Oggi ci sono finalmente l’attenzione e alcuni strumenti per spingere una società intera a farsi un esame di coscienza, destrutturare il suo pensiero, capire dove sono gli errori e provare con urgenza a rimediare ad essi”.

E più avanti: “E allora ai bambini sin dalla culla bisognerebbe dire che se in un film vedi qualcosa non è un invito ad emularla. Se in un libro si racconta di un omicidio tremendo non è uno stimolo a replicarlo nella vita reale”. Infine: “A volte si ha la sensazione che a pagare il fallimento delle strutture educative convenzionali (in primis la famiglia, poi la scuola, lo sport e tutto il resto) sia sempre qualcosa che, nella società non ha il ruolo di educare e formare. E quasi sempre la musica e gli idoli che essa produce. Se la musica è nella posizione di “plasmare” ragazzini (posto che questo sia vero), è perché questi non hanno gli strumenti per distinguere i diversi piani. E, anche qui, è colpa di un vuoto imputabile al fallimento di famiglia, scuola e politica. Non si può essere certi che la musica non sia parte del problema. Ma di sicuro è un problema troppo più grande per ridurlo solo a questo”.

Una ragione a metà

Come al solito, la verità sta in mezzo, perché gli attori dei film, nel loro privato, non ricoprono certo il ruolo interpretato nelle pellicole. L’arte non ha limite e mai ce li ha avuti, ma negli ultimi anni quella sottile linea che separava la finzione dalla realtà, sta superando il limite. E non si può liquidare un problema così grande con una frase fatta che dice “Gli artisti di strada raccontano ciò che hanno vissuto nella musica.” I cantanti sono gli idoli dei ragazzini, e loro non si limitano certo a testi che vanno fuori dalle righe, ma bensì mostrano sui canali social uno stile di vita totalmente fuori luogo e di cattivo esempio per le nuove generazioni. Perché quello che ha fatto Shiva, è solo un esempio dell’oceano delle cose che i rapper fanno nel loro “film”, dimenticandosi di essere nella realtà.

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Un ragazzaccio appassionato di sport, cultura e tutto ciò che è assorbibile. Stanco della notizia passiva classica dei giornali e intollerante all'ipocrisia e al perbenismo di cui questo paese trabocca. Amante della libertà e diritto della parola, che sta venendo stuprata da coloro che la lingua nemmeno conoscono. Contrario alla censura e alla violenza, fatta qualche piccola eccezione. Ossessionato dall'informazione per paura di essere fregato, affamato di successo perché solo i vincitori scriveranno la storia.