Omicidio Cecchettin: uno strumento di propaganda?
Innanzitutto rendiamoci conto che questo nuovo “pandemonio politico” che si è scatenato tra la Sinistra di Lilli Gruber e la “destra destra” (come la chiama la Gruber) di Meloni è paradossalmente anche un nuovo scontro tra due donne nato proprio da due temi che si presume dovrebbero essere cari a tutte le donne: femminicidio e patriarcato. E che questi temi non dovrebbero essere affrontati come temi di un dibattito politico.Ma, in poche ore, la sinistra è arrivata a strumentalizzare l’omicidio di Giulia Cecchettin come un vettore per accusare la Meloni di essere lei stessa promotrice di una cultura patriarcale. Come risultato, di questa sterile polemica, si è perso il focus del problema. Il tema della salute mentale, infatti, avrebbe potuto essere uno spunto per un dibattito culturale sensato.
La necessità di fare silenzio
La politica dovrebbe tacere in certi casi e dar diritto di parola a sociologhi e psichiatri se si vuole realmente prevenire certi epiloghi drammatici. Ma la vicenda di colpo è sconfinata nella cultura del patriarcato individuata subito come la causa principale dei femminicidi in Italia. Questi delitti hanno sempre diverse origini e non si dovrebbe legarli solo a una cultura patriarcale! Il patriarcato esiste, sia in contesti famigliari che negli ambienti di lavoro, ma non dovrebbe essere schedato come l’unica causa dei femminicidi in Italia. Questa polemica dimostra l’intenzione della sinistra di voler trasformare un caso di cronaca nera in uno spot elettorale mascherato da ideali femministi.
Ma cosa centra la legge Zan?
L’incipit di questo scontro politico è partito dalle dichiarazioni della sorella della vittima. Infatti, Elena Cecchettin in una lettera al Corriere del Veneto afferma:” i mostri non sono malati sono figli sani del patriarcato”. Come delle iene ,alcuni esponenti di sinistra hanno pensato di “fare scarpetta” e di mettere tutto il genere maschile sul banco degli imputati. Infatti alcuni celebri personaggi come Francesco Renga hanno fatto “mea culpa” solo per il fatto di essere nati maschi. Siamo passati dall’omicidio compiuto per mano di Filippo Turetta al teorema che “tutti gli uomini sono colpevoli”. Un ragazzo che se arrivato a uccidere la sua compagna con un coltello da cucina tanto regolare di mente non può essere. E poi cè chi sostiene che bastano le leggi a risolvere i problemi. Come Monica Cirinnà (PD) : “nel nome di Giulia Cecchettin, l’educazione al rispetto e all’affettività erano nella nostra legge Zan”.
Gruber VS Meloni
Questa atmosfera orchestrata dalla sinistra è stata magistralmente shakerata e condita nella trasmissione di Lilly Gruber” otto e mezzo”. Dove, Gruber ironizza sulla volontà della Meloni di essere chiamata “ il presidente “Secondo la giornalista questa scelta deriva da :“ una cultura di destra patriarcale… “. La Meloni ci tiene a controbattere in un post il giorno seguente pubblicando una foto di famiglia. Così si rende attaccabile sia sul metodo che sul merito. Massimo Giannini fa notare : “indizio di grave intolleranza e di subcultura illiberale”. E prosegue:”quando un leader politico accusa e attacca un singolo giornalista per un opinione espressa, è un abuso di potere”. E precisa: “Una foto di famiglia non smonta una cultura politica, se ci fosse stato un figlio maschio lì dentro? Non l’avrebbe postata? ” . E anche Bersani è dello stesso parere: “E’ come se a me dicessero sei un comunista e io dicessi no, ho uno zio prete!”
Il presidente della Commissione Editoria convoca la Gruber
Ma non è finita qua, Il presidente della commissione Editoria della Camera, Federico Mollicone, interviene. E annuncia in una nota di aver convocato la Gruber insieme all’editore di la7 Urbano Cairo, colpevoli secondo lui di una mancanza di ”deotologia professionale”. Così dopo la replica di Giorgia Meloni arriva anche la risposta della Gruber. Precisando: ”Qui non vengono fatte strumentalizzazione politiche. Si è discusso sulla cultura politica che lei esprime e che evidentemente esprime anche col poter intimidire i giornalisti”.
Meglio la poltrona di Cairo che quella dalla quale si fa politica
Il dubbio che la Gruber faccia politica sotto le mentite spoglie della giornalista…c’è! La Lilla nazionale è una giornalista con una carriera di tutto rispetto ed è anche l’emblema perfetto del “radical chic “in Italia. Figlia dei “poteri forti” e di una educazione dalle suore Marcelline. La Gruber è stata attaccata a Maggio del 2023 dalla trasmissione Striscia la notizia anche per il suo “sfoggio reiterato di costosi gioielli”. La giornalista non ha di certo mai nascosta la sua natura “sinistroide”. Infatti, la Gruber dopo aver lasciato la Rai nel 2004 per candidarsi con la coalizione Uniti nell’Ulivo alle elezioni per il Parlamento europeo si iscrive al gruppo parlamentare del Partito Socialista. Ma nel 2008 decide di dimettersi da eurodeputata tornando all’attività giornalistica conducendo la trasmissione Otto e mezzo su La7. Sicuramente la Gruber, avendone avuto esperienza, ha preferito la poltroncina comoda di Cairo a quella scomoda della politica.
Per fare politica ci vuole coraggio
Fare politica non è per tutti! Molto più facile è fare giornalismo in stile Gruber. Chi non vorrebbe uno spazietto dedicato in prima serata dal Lunedì al Venerdì? Che persona influente la Gruber… quanto potere si nasconde dietro una telecamera! E’ più semplice fare domande e attaccare in forma retorica con un fare elegante da “nobil donna” tipico di chi ha studiato alle scuole “per bene”. Ed è ancora più facile quando hai 100mila euro di stipendio assicurati all’anno! Per fare politica ci vuole un’etica personale che porta l’individuo a sacrificare sé stesso (come il proprio tempo e il tempo dedicato agli affetti) in nome di un bene collettivo maggiore. Ovviamente questi valori non emergono in tutto il substrato politico ma alcuni esponenti ancora si battono almeno per ideali che realmente incarnano e non per il semplice gusto di fare polemica o share…