LE PAROLE DI GINO CHECCHETTIN CHE POI HA CANCELLATO
Abbiamo trovato e solo noi ve lo possiamo fornire in esclusiva un post fatto dal padre di Giulia Cecchettin nel 2013, in cui paragona il sesso a una partita di tennis, in cui parla della donna come un oggetto con frasi del tipo “una doccia e via al bar a raccontare a tutti la tua performance”.
Ci sembra che il linguaggio utilizzato da Gino Cecchettin, nel post poi prontamente rimosso, altro non sia che frutto del patriarcato che oggi lui stesso condanna e che in primis la figlia Elena, la sorella di Giulia, ha chiesto a gran voce di bandire dalla faccia della terra. Sono giorni e giorni in cui sentiamo dire che gli uomini sono tutti uguali, che sono tutti da condannare e che quindi, se la logica non mente, sono tutti dei potenziali piccoli Filippo Turetta.
Quello che vorremmo chiedere a Gino Cecchettin è che cosa sia cambiato in questi 10 anni, che cosa lo abbia portato ad essere un promotore della cultura femminista persino il giorno del funerale di sua figlia.
È lecito e ovvio pensare che il suo pensiero e la sua visione siano cambiati dopo l’omicidio avvenuto ai danni di sua figlia, ma è altrettanto lecito chiedersi come mai abbia sentito la necessità di cancellare quel post, forse perché non voleva essere accumunato a tutti gli altri della classe? Forse perché si vergognava di ciò che aveva scritto? O forse perché mediaticamente poteva essere quella macchia che rischiava di delegittimare discorsi perfetti e fatti ad arte? Dopo aver visto lo screenshot che vi stiamo sottoponendo, vi chiediamo di leggere in modo critico e non come un gregge privo di pensiero costruttivo, il discorso fatto proprio dal padre di Giulia Cecchettin il giorno dei funerali, che vi sottoponiamo qui sotto.
GINO CECCHETTIN E IL DISCORSO AI FUNERALI DI GIULIA
“Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne. Vittime proprio di coloro che avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia?
Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione… Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno. E aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno. Perché diventi possibile
educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro.
Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari. Ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto”.
QUINDI IL PATRIARCATO È A CONVENIENZA?
Sono parole molto nobili e sicuramente cariche di dolore in virtù della perdita appena avuta. Un qualcosa di innaturale se si pensa che quest’uomo ha dovuto accettare la morte prima di una moglie e poi di una figlia. Ma il discorso del 2013 stride con quello del 2023. E se qualcuno dirà che era solo un gioco, allora non potete più criticare la satira. Non potete più criticare i comici, non potete più criticare i meme fatti sui vari social che a vostro giudizio sono frutto del patriarcato.
Anche quel post è frutto del patriarcato, come lo sono tanti altri, che, per via del dilagante politicamente corretto, hanno imposto l’autocensura a tanti uomini e tante donne che per paura del giudizio hanno preferito tacere e omologarsi.