La storia di Santa Romana Chiesa è attraversata da vicende oscure e trame illecite, fin dai tempi del crac del Banco Ambrosiano e del suicidio del finanziere Michele Sindona; senza contare i casi di pedofilia, che anche Papa Francesco è stato costretto a condannare pubblicamente, dopo che si era cercato di insabbiarli. Adesso Bergoglio deve fare i conti con uno scheletro nell’armadio che pesa come un macigno.
Ex stretto consigliere del Pontefice
Il cardinale Angelo Becciu è stato condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a 8mila euro di multa. Il Tribunale vaticano ha così deliberato nell’ambito del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita del palazzo Sloane Avenue a Londra, che ha visto alla sbarra altri 10 imputati. Sono state emesse condanne complessivamente per 37 anni e un mese di reclusione: un unico imputato assolto, monsignor Mauro Carlino, ex segretario personale di Becciu. «Ribadiamo l’innocenza del cardinale e faremo appello», annuncia il suo legale, avvocato Fabio Viglione. Il cardinale che imbarazza Papa Francesco è stato suo stretto consigliere, ricoprendo cariche di alto rango in Vaticano, ma già tre anni fa ha accolto la sua rinuncia all’incarico di prefetto della Congregazione delle cause dei santi e ai “diritti connessi al Cardinalato”: la conseguenza è che ha conservato il titolo cardinalizio, ma perso ogni incarico nella Curia romana e il diritto di entrare in un futuro conclave.
La sentenza completa
“Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che – come è noto – aveva ad oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue”.
Il Tribunale “ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dr. Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione”.
“Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonchè, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso. Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.)”.
Nella nota si spiega poi che “ha invece escluso la responsabilità di mons. Becciu, Enrico Crasso e Fabrizio Tirabassi in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, non avendo piu’ la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo. È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421-bis c.p.) in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione”.
In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale, si spiega ancora, “ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio (art. 409 c.p.), nonchè per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto.
Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione sono stati invece assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita. Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 USD a lui corrisposta – fra il 2004 e il 2009 – dall’UBS; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell’imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale pero’, dato il tempo trascorso, l’azione penale è ormai prescritta. Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, essi sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta”.
Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine oggetto del giudizio, mons. Becciu e Cecilia Marogna sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di cui all’art. 416-ter c.p. in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa.
“Mons. Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato (art. 168 c.p.) per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di Euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sè lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.
I sopranominati imputati Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi, Fabrizio Tirabassi, Angelo Becciu , Nicola Squillace, Enrico Crasso, Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart sono invece stati assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Parimenti, mons. Mauro Carlino è stato assolto da tutti i reati a lui contestati.
Conclusivamente, ritenuta la continuazione tra i reati contestati ad ognuno degli imputati, gli stessi sono stati condannati, rispettivamente: Bruhlart Renè e Di Ruzza Tommaso alla pena della multa di euro millesettecentocinquanta; Crasso Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Mincione Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Giovanni Angelo Becciu alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, ottomila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Fabrizio Tirabassi alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Nicola Squillace, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena – sospesa – di anni uno e mesi dieci di reclusione; Gianluigi Torzi alla pena di anni sei di reclusione ed euro seimila di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno; Cecilia Marogna alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo; 4 Logsic Humanitarne Dejavnosti D.O.O. alla sanzione pecuniaria di euro quarantamila ed al divieto di contrattare con le autorità pubbliche per anni due;
Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000 di euro.