Il 6 dicembre a Milano ha aperto i battenti Les Vernissage, un ristorante raffinato e unico nel suo genere, proprio perché improntato sulla food art. Un luogo in cui ricerca, passione e cura del dettaglio rappresentano gli elementi principali di un inedito viaggio culinario. Non è semplice cucina ma un racconto visivo, come ama sottolineare lo chef Stefano Carbone.
Il ristorante Les Vernissage
Il locale si trova in via Gaspare Gozzi 6 e all’inaugurazione hanno partecipato illustri personaggi del jet set milanese, tra cui Fabrizio Corona e Laura Devika, entusiasti di ammirare e assaporare le creazioni artistico-gastronomiche firmate da Carbone, che vanta oltre 90.000 seguaci su Instagram.
Stefano Carbone, un luminare della food art
Classe 1987, Carbone è rinomato per la sua distintiva food art. Dalla sua pagina Instagram si può capire quanto sia labile il confine tra l’arte e il cibo all’interno delle sue creazioni. Originario di Cerignola (FG), lo chef ha viaggiato in tutta Europa e ha appreso preziose esperienze in cucine stellate, tra cui quella di Alain Ducasse a Le Meurice e l’Alkimia a Barcellona, solo per citarne alcune. Dopo il ritorno in Italia, si è principalmente dedicato alla consulenza. Ora ha aperto il suo ristorante a Milano, dove potrà esprimere al massimo le sue straordinarie capacità mostrando sul territorio competitivo milanese quello che sa fare. Carbone ha deciso si svelare i segreti della food art a Dillinger… e noi non possiamo che essergli grati.
L’intervista a Stefano Carbone
Come nasce l’idea de Le Vernissage?
“L’idea de Le Vernissage nasce da una passione per l’arte, il nome doveva avere come obiettivo un richiamo di carattere artistico. Infatti il nome del ristorante, in francese significa le ‘aperture’ o le ‘verniciature’… quindi un collegamento che rimanda al mondo dell’arte”.
Quale è stato l’input per inserirsi nel panorama culinario milanese?
“Avevo già lavorato nella città di Milano in passato per compagnie molto importanti come quella del Four Season, poi mi sono allontanato per fare altre esperienze, in particolar modo all’estero. Milano per me è sempre stata una città molto aperta e all’avanguardia, perfetta per il mio ideale di cucina che forse altre città non apprezzerebbero. Ho sempre pensato che se avessi mai aperto un ristorante, sarebbe stato su Milano… e così è stato.
Non sei preoccupato della concorrenza spietata sul territorio milanese?
“No, non ho paura della concorrenza perché a Milano non c’è nessuno che faccia food art ad alti livelli. La mia è una tipologia di cucina del tutto innovativa mai vista su Milano e nemmeno in tutta Italia. Non voglio vantarmi ma è così”.
Vieni definito il re della food art, cos’è per te? Hai dichiarato che per te “la cucina è un racconto per immagini”, cosa intendi esattamente?
“Per me la food art è esprimere una forma altissima di arte con il cibo, quindi non solo “schizzare” colori su un piatto o utilizzare tecniche banali per ottenere una bella realizzazione. Io realizzo immagini con il cibo attraverso uno studio mirato, attraverso sono vere e proprie tecniche di cucina. La mia cucina è davvero un racconto perché i miei piatti partono tutti dalla mia mente, una serie di ricordi, di immagini o esperienze passate”.
Quali sono gli ingredienti del tuo successo?
“A livello alimentare sono moltissimi, ingredienti che provengono dal nord Italia fino al sud ma che arrivano anche dall’estero. Per quanto riguarda invece gli ingredienti caratteriali che mi hanno portato fino a qui sicuramente non mi manca la determinazione e la passione. Per fare questo tipo di cucina, ci devi sicuramente credere, perché è qualcosa che va oltre al gourmet e al classico, è una forma d’arte da poco conosciuti”.
In cosa vi distinguete rispetto agli altri ristoranti?
“Sicuramente abbiamo un locale che è stato studiato nei minimi dettagli, dalla posata al piatto in ceramica perfetto per presentare le specialità. Ci distinguiamo per il carattere distintivo della cucina. Non c’è nessuno chef che si occupa di food art come noi di Le Vernissage“.
Quale è stata la formazione? Hai lavorato per ristoranti stellati?
“La mia formazione inizia in Puglia, nella mia terra, in un ristorante che aveva già una stella Michelin. Poi ho lavorato sempre in ristoranti di alto livello girando per l’Europa tra Francia, Spagna e Belgio tra cantine, ristoranti e catene alberghiere. Volevo imparare il più possibile per creare un format di cucina di alto livello”.
Da cosa prendi ispirazione per la tua cucina?
“Da svariari elementi, da paesaggi, film, sensazioni… la mia fonte è la realtà che vivo tutti i giorni e che cerco di rappresentare sul piatto. Spazio tra molti elementi per creare le mie forme e i miei piatti finiti”.
Cosa si intende per cucina molecolare?
“La cucina molecolare è una nuova frontiera che sposa la cucina con le tecniche di base di carattere scientifico. Attraverso l’uso di nuove tecniche è in grado di riformulare la texture di alcuni alimenti. Si scompone quindi la molecola per riprodurre un alimento dallo stesso gusto”.
Perché ti sei concentrato sul concetto di estetica associato alla cucina?
“Già da ragazzino ero molto attento all’estetica del cibo. Mettevo le mani del piatto e giocavo con la posizione del contenuto. Io per primo non mangerei mai un piatto brutto”.
Per creare un piatto, lasci libero arbitrio alla tua immaginazione o segui uno schema ben preciso?
“Tutto nasce naturale, io ho davanti a me il piatto e gli ingredienti e le mani vanno da sole. Ho uno schema ben preciso nella mia mente e lo seguo in automatico. In base a ciò che ho davanti monto il piatto. Se altri chef ci mettono un mese a me viene naturale”.
In che modo si può “impiattare” esteticamente?
“Sicuramente la mia cucina non segue lo schema classico che “impiatta” in modo lineare. Nella food art si può spaziare in modo fantasioso, da una particolare forma geometrica a colori sgargianti fino alla creazione di una dinamica unica nel suo genere”.
Cosa deve avere un piatto di “sbagliato” per essere definito, esteticamente orrendo?
“Un piatto brutto è un piatto con colori scelti in modo poco esigente, tutto è ammassato e non si vedono bene gli ingredienti. Bisogna dare geometria e armonia alla propria creazione”.
Hai progetti per il futuro? Magari hai intenzione di espanderti in paesi in cui la food art è più sviluppata?
“Dopo tanti anni all’estero, preferisco rimanere in Italia e far si che la food art spopoli nella nostra terra, non solamente a Milano ma ovunque. I sogni sono questi. L’ideale sarebbe vincere un’altra stella Michelin per dare maggiore rilievo al mio ristorante visto che la zona in cui si trova non è particolarmente rinomata. Mi piacerebbe anche creare un’accademia che insegni a cucinare seguendo il format della food art.