Home CRONACA Nei pronti soccorsi è allarme adolescenti

Nei pronti soccorsi è allarme adolescenti

Il disagio psicologico degli adolescenti preoccupa molto l’Assessore regionale al Welfare di Regione Lombardia, Guido Bertolaso. L’ex capo della Protezione civile nonché commissario straordinario per varie emergenze, tra cui il terremoto dell’Aquila, lancia l’allarme: «Il numero dei giovani, anche giovanissimi, che arrivano in pronto soccorso oggi, rispetto a quello che accadeva prima del Covid, è impressionante».

Codice giallo

Bertolaso illustra le cifre di un vero e proprio dramma sociale: «Abbiamo in certi momenti anche 4 o 5 casi che arrivano in pronto soccorso, magari anche in codice giallo, quindi abbastanza seri. Trattare questi giovani è più complicato che trattare un infarto o ictus: servono strumenti e preparazione ben diverse. Da un lato ci stiamo organizzando per cercare di gestirli al meglio, dall’altro bisogna evitare che arrivino al pronto soccorso proprio con interventi a monte e prevenzione, aiuto e accompagnamento».

La ricerca

Abbiamo a disposizione uno studio che riporta dati allarmanti. Chiamato “L’era del disagio”, è il frutto di 1001 interviste ad un campione di 18-75enni residenti in Italia rappresentativo della popolazione italiana pubblicato con il patrocinio di Rai per la sostenibilità-Esg. Si apprende che il 10,8% dei ragazzi tra 15 e 24 anni assume psicofarmaci senza prescrizione medica. Una percentuale quasi raddoppiata rispetto al 6,2% del 2021 certificato dall’Istat. Lo fanno “per dormire, per dimagrire, per essere più performanti negli studi”. Tra gli studenti, la percentuale di chi fa uso di psicofarmaci sale fino a oltre il 18%. Ragazzi, si legge nella ricerca, che “su TikTok pubblicano voti e classifiche sulla ‘efficacia’ dei medicinali, parlando senza remore del proprio disagio psicologico davanti a milioni di estranei”.

Effetto lockdown

Altri studi certificano come il 41% degli adolescenti italiani ritiene che la propria salute mentale abbia risentito negativamente del periodo di pandemia. Alberto Villani, docente di Pediatria a Tor Vergata, pensa che il problema abbia radici pre-Covid: «Il disagio psicologico dei giovani non è la novità di oggi. Ciò a cui stiamo assistendo, con la crescita di questo tipo di problematiche, è l’esito di una totale mancanza di politiche sociali. E ora la pandemia sta diventando un alibi. Il lockdown ha acuito situazioni che già c’erano. Ha reso esponenziale un problema a cui non si era posto rimedio». Il ragionamento del pediatra è chiaro: «Il disagio psicologico deriva dal fatto che non c’è attenzione. Si lasciano i ragazzi da soli, considerando che in maggioranza sono figli unici, e non si offrono punti di aggregazione sana. È impensabile che l’esplosione di questo tipo di disagio non riguardi ciò che c’è intorno. Nel post pandemia si sono osservate una serie di patologie, tipiche delle guerre e delle catastrofi, ovvero un aumento dei tentati suicidi, le crisi di agitazione psicomotoria e ansia. Ma è un trend atteso, osservato in questi frangenti, sarebbe sorprendente che non fosse così. Quindi o si fa qualcosa di concreto oppure sono solo chiacchiere».

Il cerino al Governo

Il presidente del Consiglio nazionale degli Ordini degli psicologi (Cnop), David Lazzari, inquadra il fenomeno nella sanità pubblica: «Sul tema del disagio dei giovani mi pare che ci sia una difficoltà nel pensare alla risposta che, invece, è chiara: serve una risposta della psicologia, ma l’Italia non ha una psicologia pubblica, non si fa prevenzione e neanche promozione della salute. Chi può permetterselo si cura, chi non può non si cura, così siamo di fronte ad una ingiustizia sociale. Se il Governo vuole, può intervenire su questo, perché quello psicologico è un bisogno primario delle persone e se è un bisogno primario va declinato in termini di prevenzione, ascolto e sostegno. Le terapie vanno messe lì dove serve e mi pare che la scuola sia uno dei luoghi in cui si può intercettare il disagio. Non dico di fare terapia psicologica scolastica, ma non dobbiamo neanche aspettare che i ragazzi si ammalino. Ma nell’intesa Stato-Regioni e negli standard dell’Agenas per le case di comunità gli psicologi sono considerati un lusso».

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