Siamo abituati a pensare al mestiere dell’attore come a qualcosa di assai remunerativo, storditi dalle cifre milionarie dei divi di Hollywood alla Brad Pitt & George Clooney, o dai patrimoni sterminati di miti nazionali come il compianto Alberto Sordi. Sono la punta di un iceberg. Il cinema è fatto anche di ruoli secondari, in produzioni che solo in parte dispongono di importanti budget. Fino a oggi non si capiva perché un’apparizione di pochissimi minuti in un film di due ore dovesse essere pagata con un piatto di lenticchie. Se un attore fa bene la sua parte, non è questione di minutaggio, nell’insieme di un lungometraggio simile a un’orchestra, dove c’è il primo violino ma anche il bassotuba che esegue poche note, ma indispensabili.
Un accordo storico
L’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive (Anica) annuncia la firma del primo contratto collettivo nazionale, che regolamenta i minimi salariali e le modalità operative del lavoro, ferie incluse. Il testo, della validità di tre anni, introduce minimi tabellari per ogni giornata di posa, dai 650 euro ai 1.100 euro. Si promuovono le pari opportunità e la non discriminazione per le persone LGBTQ +, lo sviluppo di un sistema assicurativo a sostegno della previdenza e sanitario e viene sancita la rappresentanza sindacale, con un protocollo specifico di filiera da attuarsi entro il 1° marzo 2024.
L’applauso di Francesco Rutelli
Il presidente dell’Anica ed ex sindaco di Roma Francesco Rutelli sottolinea l’importanza dell’accordo: «È di grande valore, dà stabilità e forza a tutta la filiera cine-audiovisiva. Siamo particolarmente orgogliosi che questa “prima volta” in Italia sia stata realizzata senza conflitti aspri (come avvenuto negli Usa) e con reciproco spirito costruttivo. Si lavora insieme, e si raccoglie – a distanza di decenni – lo spirito delle “battaglie” promosse da Gian Maria Volonté. Tutelare il ruolo delle imprese e quelli dei lavoratori con visione strategica: si può».