L’analisi dell’autorevole quotidiano finanziario Wall Street Journal ci butta al tappeto: «Economia ferma». Perché? «Protegge tassisti e balneari. E penalizza le donne». Questa in sintesi la disatrosa ricetta del nostro declino che genera una totale stasi nella crescita dove, secondo gli analisti – e non solo loro – a stelle e strisce… peserevve la tanto preoccupante assenza di meritocrazia. Mentre gli USA sono il paese dove ogni persona dotata di un “sogno” può riuscire a diventare qualcuno, l’Italia è un posto dove per far carriera occorrono principalmente conoscenze ed agganci, dove la “modernità” è solo un bel concetto astratto, che non riesce ad imporsi nel pratico.
Ti occorre un taxi? Mettiti in coda…
Le lunghe code per prendere un taxi alle stazioni ferroviarie di Milano e di Roma rappresentano il simbolo della nostra stagnazione economica. Una situazione che, ormai da 30 anni, non ce la fa a mantenere il passo con le altre economie occidentali. Un paese ritratto in maniera forse impietosa, che non riesce a diventare moderno. Il giornalista Eric Sylvers firma un lungo reportage intitolato «Perché l’economia italiana non riesce a ingranare? Consideriamo le fila dei taxi», partendo da Milano. Spiegando che: «trovare un taxi nella capitale finanziaria italiana quando piove comporta lunghe file e pazienza. Durante le fiere e le sfilate di moda è ancora più difficile: la domanda aumenta, ma il numero di taxi rimane invariato. Per anni i tassisti italiani si sono messi al riparo dalla concorrenza facendo pressioni per limitare il numero di licenze per i taxi e per limitare le società di sharing come Uber. I sindaci che cercano di affrontare i tassisti possono andare incontro a scioperi e blocchi stradali che paralizzano le città».
Assenza di stimoli per innovazione, produttività e concorrenza
Secondo il quotidiano finanziario infatti «una delle ragioni principali della stagnazione italiana è il potere dei gruppi di interesse che ostacolano con successo gli sforzi per stimolare la concorrenza, l’innovazione e la produttività». Per questo motivo l’economia italiana, secondo la banca Mondiale, è ancora sotto di un punto e mezzo al pil che aveva nel 2007, prima della crisi finanziaria mondiale. Però «in questo periodo l’economia tedesca è cresciuta del 17%, quella francese del 13% e quella statunitense del 28%. Gran parte della stasi italiana può essere ricondotta alla mancanza di meritocrazia che permea il settore pubblico e privato».
Mai risolto il divario di genere sui luoghi di lavoro
Altro limite fortissimo qui da noi è il cosiddetto divario di genere: «In Italia», si legge sempre sul WSJ, «il 55% delle donne in età lavorativa è occupato, il livello più basso dell’Unione Europea, secondo il servizio statistico dell’UE. Questo dato si confronta con l’80% della Germania e il 71% della Francia. Vari fattori limitano il tasso di occupazione in Italia, tra cui la mancanza di servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, dove le norme culturali in casa e sul posto di lavoro portano molte donne a rinunciare alla carriera per crescere i figli.
Per i giovani sono davvero “ca**i amari”
Non va molto meglio con i giovani, spiega l’impietoso reportage che ci riguarda: «Un sistema radicato che premia l’anzianità rispetto alle competenze degli individui contribuisce anche alla mancanza di progresso economico dell’Italia. Il risultato è che quasi il 21% degli italiani tra i 15 e i 34 anni non ha un lavoro, non studia e non segue una formazione, il dato più alto dell’UE. Confrontabile con il 13% della Francia e il 10% della Germania. Rispetto ad altri Paesi occidentali, l’Italia ha poche startup di successo internazionale e attira poco capitale di rischio. L’Italia figura a malapena nelle classifiche delle 100 migliori università del mondo e gli studenti italiani delle scuole superiori hanno risultati inferiori a quelli della maggior parte degli altri Paesi sviluppati».
Le imprese balnearie, ennesimo simbolo di antico privilegio
Veniamo agli stabilimenti balneari. Un tema sul quale il governo Meloni si è scontrato con la commissione europea. «Le spiagge italiane offrono», sentenzia sempre il WSJ, «un altro spaccato della mancanza di concorrenza e della resistenza al cambiamento. Anno dopo anno, le stesse aziende pagano alle autorità pubbliche una piccola tassa per ottenere concessioni lucrative per affittare ombrelloni e sedie reclinabili ai bagnanti. L’UE si è lamentata della mancanza di gare d’appalto pubbliche e delle entrate insignificanti che il governo italiano raccoglie per questi privilegi. I problemi delle spiagge e dei taxi italiani dimostrano che i problemi del Paese sono legati a leggi sbagliate, piuttosto che a una mancanza intrinseca di talento o di imprenditorialità nel Paese». Un’estate al mare / stile balneare… ma con le pezze al culo!