Per il regime di Bangkok (Thailandia) il reato di lesa maestà può far sbattere in galera una persona che se ne è macchiata e, in sostanza, buttare via la chiave della cella. La pena comminata al 30enne Mongkol Thirakot in appello, con una sentenza del tribunale di Chiang Rai, è da brivido gelido lungo la schiena. Sono 50 anni di reclusione.
Anche una donna deve scontare 43 anni per lesa maestà
Sappiamo di una vicenda di Malagiustizia così assurda e disumana grazie a un gruppo di avvocati che lottano per difendere i diritti umani, Thai lawyers for human rights (Tlhr). Thirakot, spiegano, è stato giudicato colpevole di altri 11 reati durante il processo d’appello. È titolare di un negozio di abbigliamento online. Gli vengono contestati 27 post su Facebook giudicati diffamatori nei confronti del re e della sua famiglia. «Questa è la più lunga condanna per lesa maestà a nostra conoscenza», denuncia Tlhr. E questo “a nostra conoscenza” fa sospettare che possa accadere anche di peggio, in quel paradiso del turismo (anche sessuale). Ricordano inoltre che una donna è in cella dal gennaio 2021 per lo stesso reato, condannata a 43 anni.
E sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re
In Thailandia è al potere una monarchia parlamentare ed è in vigore una Costituzione scritta nel 2017 secondo i diktat del Consiglio nazionale per la pace e per l’ordine, la giunta militare impadronitasi del Paese con un colpo di Stato nel 2014. Sul trono siede Vajiralongkorn (Rama X), in carica dal 13 ottobre 2016 e successore del padre Bhumibol Adulyadej (Rama IX). Un sovrano di quelli che ha cuore il suo popolo: nel 2017 ha controfirmato l’aumento dei poteri dei militari e della Corte costituzionale in ambito politico. L’anno successivo gli vengono trasferite le ingenti proprietà dei beni della Casa reale, che fino ad allora erano patrimonio pubblico.