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Ariston, iconica bomboniera della canzone italiana. Peccato solo che le canzoni non siano sempre all’altezza

Avete presente quella rubrica – peraltro molto divertente – de La Settimana Enigmistica, Forse non tutti sanno che? Ebbene… se il festival della canzone si svolge all’interno del Teatro Ariston sappiate che è solo per un caso. Il classico caso di slinding door. Sì, perché fino al 1976 la manifestazione si teneva all’interno del Casinò. Ma, come racconta il co-proprietario dell’immobile Walter Vacchino (insieme alla sorella) «a pochi giorni prima dell’inizio dell’edizione del 1977, si scoprì che c’erano problemi di agibilità».

Tutti i ricordi in un libro pieno zeppo di curiosità

Il suo racconto prosegue: «Il teatro del Casinò non aveva uscite di sicurezza adeguate, ed era pieno di materiale infiammabile. A quel punto, con un preavviso così scarso, esisteva una sola ancora di salvezza: l’Ariston». Una storia inedita che, per la prima volta, Vacchino racconta nel libro La scatola magica di Sanremo (edito da Salani), uscito da pochi giorni, strategicamente messo sul mercato poco meno di un mese dalla partenza del Festival, in programma dal 6 al 10 febbraio.

Il migliore… a partire dal nome

Una struttura, quella dell’Ariston, che suo padre Aristide inaugurò nel 1963: «Mio papà era un visionario e sognava di fare concorrenza a Cannes e al Festival del Cinema con un teatro che fosse anche un cinema multisala, un palazzo dei congressi e perfino un albergo integrato. Il nome Ariston fu scelto non solo per la radice Ari che era la stessa del suo nome, ma anche per indicare l’eccellenza. Aristos in greco vuol dire “il migliore”».

Prima era una specie di tempio dei guantoni

Un’altra cosa che in pochi sanno è che, negli Anni Sessanta, ospitò il meglio della boxe di casa nostra, allestendo all’occorrenza un vero e proprio tempi del pugilato. In particolare, l’incontro tra Nino Benvenuti e Don Fullmer venne trasmessa in diretta negli USA dalle reti a stelle e strisce NBC e CBS. Trasformandosi poi, nel 1998, addirittura in una chiesa consacrata, ospitando la Settimana Liturgica Nazionale, con la presenza di 1.900 tra preti, suore e cardinali.

Quei mattacchioni dei Duran Duran

Il signor Vecchio è una risorsa incontenibile di ricordi: «Fuori dall’Ariston ad aspettare i Duran Duran c’erano 5 mila fan, tra svenimenti, pianti, crisi isteriche. Per farli uscire dal teatro dopo l’esibizione e portarli all’Hotel Royal, li avevamo fatti salire di nascosto su un’ambulanza. Probabilmente però avevano bevuto troppe birre nell’attesa di esibirsi. E così, dopo la loro fuga, abbiamo trovato il loro camerino devastato: sedie ribaltate, tavolini divelti, pavimento cosparso di mozziconi, avanzi di cibo, schegge».

L’attentato alle rose di Blanco fu pianificato

Non solo ricordi che si perdono negli annali sanremesi ma anche episodi più recenti. Come l’incidente di Blanco con distruzione delle rose l’anno scorso: «Eravamo al corrente della cosa sulla scena, ci avevano chiesto di potenziare il personale di pulizia. Un atto contro l’allestimento floreale era previsto dal copione. Poi, a causa dell’inconveniente audio che si è verificato, ne è scaturito un attacco di rabbia incontrollato».

Una bomboniera che, per ora, resiste all’usura del tempo

La possibilità che il Festival venga spostato in un luogo più grande, per soddisfare le sopravvenute, mutate esigenze, è un discorso che puntualmente ricorre ad ogni edizione. Il punto di vista del proprietario dell’Ariston è preciso: «Non si può pensare che una manifestazione venga cristallizzata in un unico luogo per sempre. Però l’Ariston è una bomboniera, un luogo simbolo, ha un numero di posti limitato, e questo contribuisce a creare il sogno del Festival». Un sogno, una magia che si spera anche quest’anno potremo rivivere, canzoni permettendo

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