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Zuncheddu libero dopo 33 anni di carcere. Dov’è la giustizia italiana? Non pervenuta

È stato assolto Beniamino Zuncheddu, l’ex pastore accusato di essere l’autore della strage di Sinnai. Quest’ultima è avvenuta in provincia di Cagliari l’8 gennaio del 1991. Ora è libero, ma dopo essere stato 33 anni in carcere: lo ha deciso la Corte d’Appello di Roma dopo il processo di revisione.

La vicenda giudiziaria di Zuncheddu

Zuncheddu era stato condannato per l’omicidio di tre persone, avvenuto in un ovile a Sinnai nel 1991. Erano morti tre allevatori, trucidati, uno dopo l’altro, per mano di un uomo con il volto nascosto. Si parlava di un movente che potesse essere legato a una lite tra pastori. Dopo aver provato a far parlare il superstite Luigi Pinna, e dopo che questo non aveva detto praticamente nulla, sono passati dei mesi. Così la palla è passata a un giovane dirigente di polizia, Mario Uda, che ha fatto parlare Pinna. È stato quest’ultimo a spiegare i fatti e a testimoniare, indicando Zuncheddu come colpevole, giurando sulla sua foto. E l’alibi del pastore? Non è servito a niente. La sera della strage era da un’amica, ma i giudici lo hanno condannato all’ergastolo.

Il ruolo del testimone Pinna

Pinna, però, ha confidato alla moglie che la prova su cui si fondava il tutto, ovvero il riconoscimento dell’assassino, è avvenuto con una procedura invertita. Prima Uda ( della polizia) gli ha fatto vedere la foto del “colpevole” e POI gli è stato chiesto di riconoscerlo. A quel punto, dopo aver parlato con il marito, Daniela Fadda chiama Uda allarmata: era intercettata. Gli dice: “Luigi è sempre stato dalla stessa parte e non cambierà versione”. Le traduzioni dal sardo confermano che il pastore è un “falso colpevole”.

Il processo di revisione

Durante il processo di revisione c’è stato un colpo di scena: Pinna ha detto: “a febbraio di 33 anni fa prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così: ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”. Nella requisitoria, riferendosi a Pinna, il Procuratore generale: “L’attendibilità di Pinna ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu, ma lui Beniamino non lo ha visto adeguatamente e ha mentito per 30 anni”. Dopo 33 anni di carcere i giudici della Corte di Appello di Roma, al termine del processo di revisione, hanno assolto l’ex pastore dall’accusa di essere l’autore della strage di Sinnai.

La revoca dell’ergastolo per Zuncheddu e la mala giustizia

È stato revocato l’ergastolo, facendo così cadere le accuse per Zuncheddu con la formula “per non avere commesso il fatto”. Zuncheddu, per cui i giudici a novembre scorso avevano sospeso la pena facendolo tornare in libertà, ha detto: “Per me è la fine di un incubo”. E adesso chi ridà 33 anni a un uomo che li ha passati, INGIUSTAMENTE, in carcere? Forse è ora che vengano rivisti i ruoli dei giudici. Questa figura, quella del “peritus peritorum” (“Il giudice è il perito dei periti”) è forse ora di metterla in discussione? Il giudice, infatti, non è vincolato al risultato della perizia potendo discostarsi o disattendere del tutto le conclusioni cui è giunto il perito. In questo caso deve dare una motivazione adeguata della sua scelta.

I giudici hanno in mano il destino delle persone

Ma quella scelta, scelta che ricade sulla VITA di una persona chi può contestarla? Quanti anni devono passare? Questo passerà alla storia come uno dei peggiori casi di gestione della giustizia italiana, che è già macchiata da casi come quello di Enzo Tortora. Casi così eclatanti non dovrebbero esistere, ma non dovrebbe esistere il fatto che un magistrato non paghi. Che non lo faccia come chiunque svolga il proprio lavoro. Un medico se sbaglia un intervento passa le pene dell’inferno. E i giudici diranno che i medici hanno in mano la vita di una persona. E loro no? È vita quella di stare in una cella per un numero indefinito di anni senza aver sbagliato? E gli insegnanti, i giornalisti, massacrati in interminabili processi, con spese processuali e in avvocati indefiniti dove li mettiamo? Dovrebbe quantomeno essere valutata la carriera di un magistrato prima di mettere nello loro mani un tale potere. Il potere di decidere tra chi deve vivere e morire. E se sbagliano, pagano? No. Mai. Serve una riforma della giustizia, perchè rischia di essere il cancro del nostro Paese, già abbondantemente in difficoltà.

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