Intervistato da La Repubblica, il ministro Matteo Salvini entra a gamba tesa sul caso Ilaria Salis, detenuta in Ungheria. «Vi pare normale che una maestra elementare vada in giro per l’Europa, e adesso scopro anche in Italia, a picchiare e sputare alla gente?», si indigna il leader della Lega. «Non può fare quel lavoro. Se mio figlio facesse quello che fa lei, di certo non sarei contento. E come minimo mi farei sentire». Quindi dice cose che abbiamo scritto ieri noi di Dillinger: «Allora, che nel 2024 si vada in tribunale con i ceppi non è accettabile. Ma quella donna se è colpevole deve pagare. E se il reato l’ha commesso in Ungheria deve essere processata in Ungheria». Giorgia Meloni, considerati i rapporti con Orban, potrebbe ottenere che Salis rientri in Italia agli arresti domiciliari. Ma nel pensiero meloniano e del governo di destra, Ilaria Salis ha commesso un reato che deve essere giudicato nel Paese in cui è stato commesso. Il problema vero è un altro: il trattamento dei reclusi, che deve rispettare il minimo dei diritti umani. È un’aberrazione che non coinvolgerebbe solo l’Ungheria: anche in Italia si vessano i detenuti.
Le reazioni alle parole di Salvini
Alle parole di Salvini, il padre dell’accusata, Roberto Salis, ha risposto sobriamente: «Va bene tutto ma non si possono fare dichiarazioni di questo tipo. L’uscita di Salvini mi è parsa fuori luogo». Si è scagliata a razzo, invece e ovviamente, Elly Schlein: «La Lega anziché battersi per non vedere calpestata la dignità di una cittadina italiana si mette a rovistare nel suo passato», accusa la leader del Pd. «Ancora prima che sia pronunciata una sentenza ha già deciso la colpevolezza, e mette altre catene ai polsi e alle caviglie di Ilaria Salis richiamando accuse su cui è già stata assolta. In questa nostalgia di Medioevo dove sparisce la presunzione di innocenza, Salvini fa affermazioni di un paternalismo insopportabile. Ma se sostiene che chi è accusato di lesioni non possa fare la maestra viene da chiedergli come possa, chi è accusato di sequestro di persona, fare il ministro». Il riferimento è al processo per il caso Open Arms.