In 78 anni di storia repubblicana, cercare un governo che non abbia fatto baluardo della lotta all’evasione fiscale è più difficile che trovare un ago nel pagliaio. A parole, specialmente in campagna elettorale, si promettono sempre mari… e Monti. Nei fatti, è tutto da vedere. Anche dopo gli euforici proclami dell’esecutivo: il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, annuncia baldanzoso 31,4 miliardi di evaso recuperati nel 2023; più moderato il ministro Giancarlo Giorgetti, che saluta una «ripresa modesta, ma superiore alla media europea». Nel settembre scorso il ministero dell’Economia ha pubblica la nuova “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale contributiva”, scritta da una commissione di 15 esperti in varie materie, come l’economia, la statistica e il lavoro.
Dichiarazioni al Fisco
I dati fanno riferimento al 2020: per avere stime realmente affidabili sull’evasione fiscale serve parecchio tempo e une metodologia complessa. Quello che pare accertato è che nel 2020 l’evasione fiscale è calata rispetto al 2019, mentre nel 2021 ha ripreso a crescere, oltretutto in un contesto di pandemia e lockdown, che ha influenzato l’andamento. Il quadro si complica se si applica la ragionevole distinzione tra evasione ed economia sommersa. Nel 2021 il sommerso da sotto-dichiarazione, vale a dire il dichiarare al Fisco dichiara meno del dovuto, ha toccato i 91,4 miliardi di euro, quella da lavoro irregolare i 68 miliardi, le altre componenti 14 miliardi e le attività illegali 18 miliardi.
Dai, azzeriamo metà del debito pubblico, suvvia
Sulla base dei Conti nazionali pubblicati a marzo del 2023, sarebbero quasi 160 i miliardi che il fenomeno sottrae nel suo complesso alle casse dello Stato. Il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Ruffini auspica «un diverso rapporto con i contribuenti: abbiamo un magazzino di crediti fiscali non riscossi che potrebbe azzerare circa metà del debito pubblico, se queste imposte fossero incassate». Ruffini sostiene che occorre lavorare efficacemente, avvalendosi della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, per contenere il tax gap, ossia la differenza tra le imposte che andrebbero versate e quelle che sono effettivamente incassate. I risultati, gradualmente, stanno arrivando, ha detto Ruffini: il tax gap, al netto dell’evasione su accise e Imu (circa 7 miliardi) e di quella sui contributi previdenziali (altri 11-12 miliardi) è sceso da 89,5 miliardi del 2016 a 66,5 nel 2021.
Chi vivrà, vedrà. Noi rimaniamo scettici e attoniti davanti alle cartelle esattoriali da decine di migliaia di euro che piombano nella posta di pensionati a quota 100. Colpevoli dell’ardire di lavorare per qualche centinaio di euro, spesso per poche ore. Siamo un Paese di forti con i deboli e deboli con i forti, si guardi al Fisco o al trattamento nelle carceri.