Per quanto riguarda il caso di Ilaria Salis la situazione sembra non avere grandi aggiornamenti da un punto di vista di politica internazionale, ma li avrebbe da un punto di vista di media e comunicazione. Prima è stata intervistata la sua compagna di cella, che ha raccontato le condizioni in cui versa Ilaria oggi ma in cui si trovava anche lei precedentemente. Ha detto che Ilaria studiava e leggeva, cercando di approfondire e imparare, attraverso dei libri e dizionari, l’ungherese. Questo molto probabilmente per capire che cosa si dicano le guardie quando parlano di lei.
Basta con Ilaria Salis, in Italia c’è lo stesso problema
Adesso, oltre alle svariate volte in cui il padre di Ilaria Salis ha parlato, arriva anche una lettera di lei dall’Ungheria. Siamo sempre stati i primi a parlare delle condizioni precarie del carcere, non dimenticandoci mai quello che Fabrizio Corona da vent’anni subisce con la giustizia. Anche lui ha vissuto quelle condizioni, non perché si chiama Fabrizio Corona ma perché le carceri italiani versano in queste condizioni. Prima ancora di fare battaglie morali su cui poi poter appendere il cappello e mettere il proprio nome, sarebbe ora che si guardasse in faccia la realtà italiana, che non è tanto distante da ciò di cui si parla in merito a Ilaria.
Vi dice qualcosa la sentenza Torreggiani del 2013? La Corte europea dei diritti umani sanzionò l’Italia per aver violato l’articolo 3 della Corte e parlò di condizioni inumane e degradanti. Lo sapete che stiamo rischiando di andare nuovamente in quella direzione? Sapete che c’è un suicidio in cella ogni due giorni dall’inizio dell’anno? Sapete che sono oltre 700 in poco più di un mese i tentativi di suicidio?
Il problema non porta il nome di Orban o della Meloni, non porta il nome di Ilaria Salis. Il cancro del nostro Paese si chiama solo in un modo: GIUSTIZIA.