Home CRONACA Il detenuto pestato a Reggio Emilia vive nel terrore

Il detenuto pestato a Reggio Emilia vive nel terrore

Ci siamo indignati e allarmati tutti – eccetto gli estremisti del giustizialismo – per le immagini choc del detenuto tunisino torturato in carcere a Reggio Emilia da spietati secondini.

Ci siamo indignati e allarmati tutti – eccetto gli estremisti del giustizialismo – per le immagini choc del detenuto tunisino torturato in carcere a Reggio Emilia da spietati secondini. Scene indegne di un Paese professatosi spesso civile senza mai dimostrarlo fino in fondo, che dovrebbe prendere esempio da Sergio Mattarella e sbattere fuori dai confini Casa Pound. A marzo si terrà la prima udienza del processo a carico di dieci agenti del penitenziario emiliano, imputati di tortura e inoltre uno di questi, con altri due, per aver attestato il falso nelle relazioni di servizio successive al fatto.

Paura di morire

«Devo ammettere», si sfoga il detenuto tunisino seviziato, «che nonostante credo sia giusto denunciare quello che è successo, ho molta paura che possa risuccedere, anche perché quello che è successo quel giorno e quello che ho provato non lo dimenticherò mai. In queste notti non riesco a dormire perché ripenso a quanta paura ho avuto di morire e a tutta quella forza e violenza che è stata usata nei miei confronti mentre ero a terra e ammanettato».

«È stato un lungo momento di terrore puro», continua il detenuto tunisino, «in cui ho pensato che non avrebbero mai smesso. Ho esposto al mio avvocato la mia ferma volontà di denunciare l’accaduto, perché come io sto pagando per gli errori che ho fatto, è giusto che chi mi ha picchiato, approfittando del mio stato detentivo e della circostanza che fossi ammanettato e in minoranza, risponda legalmente di ciò che ho fatto. Sono consapevole dei rischi che posso correre denunciando tutto questo proprio mentre sono nello stesso carcere, ma non è giusto quello che è successo».

L’intervento di Piantedosi

Sul caso interviene in politichese il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Fermo restando che tutto deve essere accertato nelle sedi competenti, e quindi dare giudizi molto netti preventivamente è sempre qualcosa che deve avere un certo riguardo. È ovvio che non sono cose accettabili. Ogni volta che una persona è ristretta, sotto la vigilanza di organi dello Stato, deve essere assicurata la dignità della persona in modo duplice rispetto alle normali condizioni”. Completa il proclama il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico. In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura. L’amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto». Nelle carceri succede di tutto e di più. Però ogni volta i governanti promettono e ripromettono. Quando manterranno?

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