Mica volevamo calpestare la libera espressione del pensiero
“Il Consiglio d’Istituto certo non ha inteso calpestare la libera espressione del pensiero né la libertà di stampa. Nel corso di quella stessa intervista, infatti, altri ragazzi hanno avanzato critiche e rivendicazioni ma non sono stati sanzionati”. Così, in una lunga nota, la dirigente scolastica dell’Ites Barozzi di Modena, Lorella Marchesini, interviene sulla vicenda di Damiano Cassanelli, lo studente sospeso 12 giorni da scuola dopo alcune sue dichiarazioni in una intervista sull’istituto. La misura contro il ragazzo, che ha un ruolo di rappresentanza nel suo istituto, ha sollevato diverse polemiche.
Siamo in una democrazia, in teoria
Per la prima volta parla la preside dell’Ites di Modena: “Se lo studente intenderà fare ricorso – osserva la preside dell’Ites Barozzi di Modena – troverà un altro organo incaricato di rivalutare il suo comportamento. Questo potrà confermare la sanzione o fare valutazioni diverse da quelle seguite dal Consiglio d’Istituto e annullarla o modificarla, come prevede il normale funzionamento di uno Stato di diritto”.
Non siamo una scuola autoritaria e punitiva… e menomale!
“Il Barozzi – aggiunge la dirigente – non è una scuola autoritaria e punitiva. Non lo è mai stata, è una scuola inclusiva, sia per i giovani del corso diurno sia per gli studenti del corso serale”. A giudizio della dirigente scolastica, “tutti siamo convinti che la scuola sia il luogo del dialogo e del confronto ma anche dell’educazione alla responsabilità. I temi educativi tuttavia sono complessi”.
“Anche se siamo tutti animati dalle migliori finalità educative – prosegue – possiamo avere idee diverse sulle azioni concrete per affrontare le singole situazioni. Sarebbe un errore credere di sapere sempre quale sia l’unica idea giusta”. Quindi, argomenta ancora Marchesini, “per questo motivo nella scuola nessuna decisione che riguardi il percorso formativo di un ragazzo è presa da una sola persona. In questo caso la decisione che, sebbene non condivisa, non può bastare a definire il ‘Barozzi’ scuola autoritaria e punitiva, è stata assunta a larga maggioranza, nel rispetto della legge, dal Consiglio d’Istituto”.
“Il Consiglio d’Istituto è presieduto da un genitore ed ha deliberato con il voto a scrutinio segreto di 16 persone. Sono genitori, insegnanti e studenti – sottolinea – tutti investiti, attraverso elezioni, del ruolo di rappresentanti delle rispettive categorie”.
Ecco il reale motivo per il quale è stato sospeso
Secondo la dirigente scolastica del Barozzi, “ora che la vicenda dello studente sospeso è diventata di dominio pubblico e si è saputo, da lui stesso, dalla stampa, dai chiarimenti forniti dal Ministero, che lo studente dell’Istituto tecnico economico ‘Barozzi’ di Modena non è stato sanzionato per avere espresso le sue critiche al funzionamento della scuola, ma per avere rilasciato, nel corso di un’intervista, dichiarazioni denigratorie nei confronti dell’istituzione e dell’intera comunità scolastica, si possono fare alcune considerazioni”.
“Valutare sul piano dell’educazione questo comportamento – puntualizza – non è cosa banale né scontata perché chiama in causa un tema educativo per eccellenza: fin dove può spingersi la libertà di esprimere il proprio pensiero senza ledere la dignità e la reputazione altrui? E’ il bilanciamento necessario tra libertà e rispetto dell’altro”.
Non c’era bisogno della pubblicità
Ad ogni modo evidenzia Marchesini “il Barozzi va avanti. Continua con le sue attività: con la cura dell’apprendimento di ogni studente attraverso attività di recupero personalizzato, organizza attività specifiche per gli alunni non italofoni, pianifica una grande varietà di attività facoltative alle quali partecipano tanti studenti ogni pomeriggio, tra cui laboratori teatrali, corsi di matematica per l’università, progetti Erasmus, corsi di lingua straniera, certificazioni linguistiche e di informatica. Stimola il pensiero critico nella normale attività didattica, nei corsi di debate, nei laboratori di giornalismo. Offre borse di studio per finanziare stage lavorativi all’estero degli studenti e rimborsa completamente i costi delle certificazioni linguistiche agli studenti meritevoli e tanto altro ancora”.
“Questo, come pure sanno studenti e genitori – conclude la preside – è il frutto dell’impegno quotidiano di tutto il personale scolastico, sia di coloro che hanno condiviso la decisione del Consiglio d’Istituto, sia di coloro che l’hanno avversata”.
Il legale: “ne aveva il diritto e nulla gli può essere rimproverato”
La vicenda e la difesa dello studente sospeso “Dal provvedimento di sospensione disciplinare emerge una scuola ove la necessaria autorevolezza si confonde con un autoritarismo sintetico e sbrigativo”. Così l’avvocato Stefano Cavazzuti commenta la sospensione di 12 giorni da scuola che è stata formalmente notificata al suo assistito. Lui è Damiano Cassanelli, studente di quinta dell’Ites Barozzi di Modena. Al Consiglio d’istituto non sono piaciute alcune frasi che il ragazzo ha pronunciato durante un’intervista rilasciata alla stampa locale lo scorso novembre. Frasi ritenute “di rilevante contenuto diffamatorio per l’istituzione scolastica”.
“Damiano si è espresso in qualità di rappresentante degli studenti, aveva il diritto/dovere di farlo, l’ha fatto e nulla gli può essere rimproverato”, ribadisce il legale, che ha già annunciato il ricorso al Tar.
I professori stessi sono dalla parte del ragazzo
“Autoritarismo sempre più spesso preferito all’ascolto e al confronto”. È quanto hanno scritto in un comunicato di solidarietà agli studenti e ai colleghi del Barozzi anche alcuni docenti dell’Itis E. Fermi di Modena. I professori (22 firmatari) ritengono che il provvedimento di sospensione sia “ingiusto e castrante la libertà di espressione prevista dalla nostra Costituzione. La deriva autoritaria deve trovare nella scuola un argine forte e coraggioso. Come forte e coraggioso è stato il no dei colleghi e degli studenti del Barozzi. Riteniamo molto pericoloso per la formazione della coscienza civica dei nostri giovani, il messaggio, certamente involontario, che tale provvedimento potrebbe veicolare: chi parla con i giornali tradisce, infanga, chi racconta è colpevole, chi denuncia diffama. Il silenzio, invece è dignità, è difesa della comunità. No. La parola è dignità.
Avere coraggio di raccontare le lacune o le disfunzioni dello spazio che abitiamo è atto di difesa della nostra comunità”.