Il 20% dichiara la pubblicità sui social media
Influencer, indagine Ue: solo il 20% dichiara la pubblicità sui social media. Stando ai dati raccolti da Bruxelles, il 97% delle figure attive in questo mondo pubblicizza beni o servizi online. Ma solo una su cinque dichiara la natura commerciale dei suoi post.
Il 97% degli influencer fa pubblicità e l’80% non dichiara il fine pubblicitario
Il 97% degli influencer attivi in Europa pubblica contenuti commerciali, ma solo uno su cinque indica sistematicamente che il loro contenuto è pubblicitario. Lo spiega un’indagine condotta dalla Commissione europea e dalle autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 22 Stati membri, della Norvegia e dell’Islanda, sui post sui social media di 576 influencer.
L’obiettivo dell’indagine
L’obiettivo era verificare se gli influencer rendessero note le loro attività pubblicitarie, come richiesto dalla normativa Ue sui consumatori. Dall’indagine risulta che il 97% ha pubblicato post con contenuti commerciali, ma solo il 20% li ha comunicati sistematicamente come pubblicità. E ancora: il 78% dei profili verificati esercita un’attività commerciale, ma solo il 36% è registrato come commerciante a livello nazionale.
Dettagli aziendali assenti
Il 30%, inoltre, non ha fornito dettagli aziendale sui propri post, come indirizzo e-mail, nome della società, indirizzo postale o numero di registrazione. Il 38% degli influencer non ha utilizzato le etichette della piattaforma che servono a rivelare i contenuti commerciali, come la levetta “partnership a pagamento” su Instagram. Secondo questa indagine Ue questi influencer hanno usato diciture come “collaborazione” (16%), “partnership” (15%) o ringraziamenti generici al marchio partner (11%).
L’indagine Ue fa sapere poi che il 40% degli influencer controllati ha reso visibile l’informativa durante l’intera comunicazione commerciale. Il 34% dei profili ha reso la divulgazione immediatamente visibile senza bisogno di ulteriori passaggi, mentre il 40% degli influencer ha appoggiato i propri prodotti, servizi o marchi.
Cosa dice la legge?
Se qualcuno pensa che nell’advertising, on-line, off-line, televisivo e radiofonico si possa dire ciò che vogliamo, si sbaglia. La legge italiana è molto severa a riguardo.
La tutela dei consumatori
Quando si parla di tutela dei consumatori entra in gioco il Codice del Consumo per cui l’utente viene visto come la parte debole che deve essere protetta. L’ambito di applicazione del Codice del Consumo è molto ampio: si riferisce a qualsiasi comunicazione commerciale prima del processo di acquisto, durante il processo d’acquisto (pensiamo al remarketing sui prodotti aggiunti al carrello o alla wish list), e dopo il processo di acquisto (upselling, fidelizzazione, UGC).
In merito alle comunicazioni pubblicitarie la normativa stabilisce il divieto di pratiche commerciali scorrette messe in atto attraverso la pubblicità ingannevole. Il concetto della pubblicità ingannevole ritorna, ma in questo caso l’attenzione è posta sul consumatore, invece nel d. lgs. 145 viene tutelato il professionista competitor. In questo modo si garantisce una tutela a doppio binario.
Influencer marketing
L’influencer marketing ha bisogno di particolare attenzione perché c’è il rischio che per la sua struttura il consumatore non riconosca di essere di fronte ad una pubblicità. Il riferimento va in particolare ai contenuti che gli influencer/ambassador postano sui social: che siano video su TikTok o post e story su Instagram, possono ledere i principi di chiarezza e trasparenza, stabiliti sia dal Codice del Consumo che dal d. lgs 145.
Insomma, la legge è tutt’altro che leggera in termini pubblicitari, e dopo lo scandalo
Balocco, le cose non potranno che irrigidirsi.