Ci sono alcuni osservatori che, taglienti, paragonano una seduta di Montecitorio a un’assemblea di condominio. Caos, urla, vecchi rancori tra vicini e così via. In effetti, il quadro della disputa politica che emerge dalla manifestazione voluta da Carlo Calenda in onore di Navalny non è più ordinato di una bagarre alla Camera. Sul Colle del Campidoglio, fiori davanti alla foto del dissidente numero 1 di Putin, assassinato in carcere. Calenda annuncia: «Sono contento che tutte le forze politiche siano oggi qui». Mal gliene incolse, in pochi minuti scatta il tutti contro tutti. Salvini? Non c’è. Renzi? Non c’è. Conte? Non c’è. C’è Elly Schlein, che dice: « Siamo qui contro un regime che non tollera la libertà, la responsabilità della morte di Navalny è del regime di Putin». A questo punto le chiacchiere dovrebbero stare a zero: la leader del Pd ha riassunto con chiarezza perché essere lì. Poi arriva il capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo. E piovono raffiche di fischi. «Vergogna, vergogna», strillano veri presenti con la fiaccola in mano. «Dov’è la felpa di Putin? E i 49 milioni? Vattene a Mosca». Romeo reagisce: «Eccoli i democratici, noi rispondiamo col sorriso agli insulti, non caschiamo nelle vostre provocazioni». Quindi entra nel merito: «Non sappiamo cosa sia successo in Russia. È chiaro che il pensiero va a qualcosa di molto negativo, il sospetto è venuto anche a noi. Che il leader dell’opposizione finisca per essere assassinato è una cosa vergognosa e grave». Gli fanno osservare che la presenza del Carroccio in piazza suoni un po’ ipocrita: «Ipocrita è chi si dice liberale e democratico e poi vuole vietare la piazza alla Lega, che invece è qui per difendere la libertà». Riccardo Magi, segretario di +Europa, lo sbertuccia parlando del «fiancheggiamento della Lega per Putin. Penso che una contestazione come questa fosse scontata e un pò naturale, una partecipazione è benvenuta qualora non sia fatta in modo furbo e ipocrita». Zuffe finite? Macché. Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva in Senato, infilza i 5stelle: «Ogni quarto d’ora ci spiegano che dobbiamo smettere di mandare armi all’Ucraina, creando le condizioni per una vittoria di Putin». «Basta strumentalizzazioni», esclamano in piazza i capigruppo 5Stelle Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli. «Chiedere la pace non è in contraddizione con la condanna dell’omicidio di Navalny», aggiunge il vicepresidente Ricciardi. Giuseppe Conte, da chissà dove, fa solo sapere che si «inchina di fronte alle battaglie di Navalny, pur non condividendo tutte le sue posizioni politiche». Precisazione che non interessa a nessuno, davanti a un’omicida persecuzione politica.
Navalny, non fiori né zuffe, ma opere di bene
Ci sono alcuni osservatori che, taglienti, paragonano una seduta di Montecitorio a un’assemblea di condominio. Caos, urla, vecchi rancori tra vicini e così via. In effetti, il quadro della disputa politica che emerge dalla manifestazione voluta da Carlo Calenda in onore di Navalny non è più ordinato di una bagarre alla Camera.