Roberto Vannacci si racconta
Roberto Vannacci, Il militare finito sotto inchiesta e sospeso per 11 mesi con stipendio dimezzato ha deciso di raccontare alcuni retroscena della sua vita privata ma anche della sua carriera. Come di quella volta in cui rischiò di morire:
“A Kigali bombardarono l’aeroporto da cui dovevamo riportare in patria i nostri connazionali. Infuriava la guerra civile, ho visto massacri spaventosi, cadaveri violati. Tentammo di fuggire via terra, raggiungendo la frontiera con il Burundi. Alla fine un C-130 venne a prenderci, ma era troppo carico, non si staccava dalla pista, a lungo volammo radenti, seduti sull’elmetto per proteggerci dai colpi di fucile, fin quando dall’oblò vidi il lago Vittoria, e pensai: Vittoria, che bel nome…”.
Quella volta in Costa d’Avorio
Poi parla della sua esperienza in Costa d’Avorio: “Ci avevano scambiato per francesi. Nella piazza di Abidjan, duemila persone contro sei su una jeep: minacce, insulti, sputi; ho pensato: qui ci mangiano. I dieci minuti più adrenalinici della vita. Se uno di noi avesse reagito, non sarei qui a raccontarlo”.
“Come mascotte tenevano un ghepardo”
Poi il generale racconta anche della sua permanenza per una notte in una caserma della Legione straniera: “Come mascotte tenevano un ghepardo, me lo lasciarono accarezzare. C’erano parecchi italiani. Da ragazzo il mio film di culto era “La Légion saute sur Kolwezi”, da noi “Commando d’assalto”, sul blitz della Legione in Zaire, con Giuliano Gemma…”. Infine quel recupero dei corpi di due parà italiani e l’odio che si mischia al dolore: “Amore e odio sono sentimenti e sono i propellenti della vita. Chi vorrebbe cancellare l’odio vorrebbe cancellare il motore dell’universo, il combustibile che muove il mondo”.