Tanto per rinfrescarci la memoria, le Brigate Rosse sono una delle pagine più buie e sanguinose della Storia italiana. Il grande giornalista Sergio Zavoli ne ripercorse nascita e crimini in un programma formidabile, La notte della Repubblica, in onda su Rai 2 tra il 1989 e il 1990. Zavoli accolse in studio i brigatisti, li intervistò, gli fece sputare qualunque rospo, specialmente ai “dissociati” come Alberto Franceschini. Non andò da lui a vuotare il sacco Barbara Balzerani, detta “Luna” e anche “La primula rossa delle Br”. Entrata nelle Brigate Rosse nel 1975, Balzerani è in prima linea negli omicidi, ma non solo: insieme al compagno Mario Moretti, occupa il covo di Via Gradoli durante il sequestro Moro. È morta il 4 marzo, a 75 anni, senza provvedere a un testamento spirituale che rinnegasse per sempre la sua delinquenza e quella dei suoi compagni. Il massimo che è riuscita a dire è di sentire «un profondo rammarico per quanti sono stati colpiti nei loro affetti a causa di quegli avvenimenti e che continuano a sentirsi offesi ad ogni apparizione pubblica di chi, come me, se ne è reso e dichiarato responsabile».
Ironia della malasorte, Balzerani da ragazza si è iscritta al corso di laurea in Filosofia. E filosofa, docente alla Sapienza di Roma, è la professoressa Donatella Di Cesare. Un genio di intellettuale che ha twittato, alla scomparsa della Primula Rossa: “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”. Compagna? Ma stiamo scherzando? In un Paese che ha conosciuto menti come Enrico Berlinguer o Antonio Gramsci, i brigatisti sarebbero stati dei “compagni”?
Ora la professoressa per mancanza di senno Di Cesare piange calde lacrime di coccodrilla. Ha cancellato il tweet: alla Stampa spiega il perché. «L’ho scritto per affermare compassione umana rispetto a una persona che scompare: Mi hanno fatto presente che stava dando adito a fraintendimenti e anche a interpretazioni pretestuose». Poi un pistolotto di tediosa retorica: «La mia generazione guardava al futuro e pensava al cambiamento, a un mondo senza discriminazioni, senza guerre, senza ingiustizie sociali, e mi chiedo cosa sarebbe l’Italia di oggi senza le lotte di quegli anni. Io scelsi il femminismo, quegli anni non possono essere ridotti al terrorismo. Per quanto mi riguarda ritengo che da sinistra ci sia stata una rivoluzione politica, etica e culturale e che va riconosciuta, per quanto riguarda la destra, conosciamo qual è la storia».
La mia generazione ha perso
E ancora excusatio non petite: sempre stata «pacifista, internazionalista e per questo sono convinta che con le armi non si risolva nulla. Gran parte della mia generazione ha preso le distanze da chi ricorreva alla violenza. Credo che sia necessario aprire un dibattito su quegli anni. Alcuni ideali importanti, soprattutto l’aspirazione a cambiare il mondo, era un tratto distintivo di quella generazione».E alla domanda se rifarebbe quel post, replica: «Da filosofa penso che questa domanda non abbia senso: non possiamo tornare indietro sui nostri passi né cambiare le scelte fatte. I post sui social sono sempre sintetici, si prestano al fraintendimento, ecco perché ci tenevo a chiarire la mia posizione».
Alla faccia della filosofa. Senza di lei non saremmo mai arrivati a una vetta del pensiero come “non si può tornare indietro sui propri passi”.