Dall’Unione degli universitari arriva un report, La voce conta, che desta molta preoccupazione per lo stato di salute mentale di certi docenti, se davvero commettono le irregolarità presunte nel dossier.
Molestie a sfondo sessuale che alcuni professori impartirebbero alle matricole, nel quadro di 77 università italiane comprese nell’inchiesta presentata.
Pacche sul didietro
«Una professoressa che insegna a infermieristica dà spesso delle pacche sul didietro agli studenti maschi durante i tirocini», sostiene uno degli studenti. «Con quel visino può fare la escort, ci pensi. Guadagnerebbe anche bene». Poi un medico tutor che commenterebbe il fisico di una ragazza chinata a firmare un foglio «con apprezzamenti non richiesti e allusioni sul volermi vedere piegata altrove». E la laureanda «toccata più volte dal relatore di tesi durante le correzioni del testo».
Sono testimonianze raccolte dall’11 febbraio al 3 marzo dall’UDU, principale sindacato studentesco italiano). Testimonianze (300), risposte (oltre 1.500 attraverso un questionario misto a risposta chiusa e aperta diffuso a mezzo social) e dati contenuti nel report, presentato oggi alla sala stampa della Camera dei deputati dall’Unione degli Universitari.
Oltre il 20% delle persone intervistate non considera le università luoghi sicuri; il 34,5% ha sentito parlare di casi di molestia o violenza negli spazi universitari, negli studi dei docenti (37%), nei luoghi di tirocinio (34,7%), negli studentati (32%), nelle aule dove si frequentano le lezioni (17,4%) e nelle biblioteche (12,4%).
«Un problema strutturale»
«Le violenze e molestie di genere», accusa Camilla Piredda, coordinatrice nazionale UDU, «sono un problema strutturale del nostro Paese e le università non si salvano. Si tratta di un problema sistemico, della cultura patriarcale in cui viviamo. È un tema che denunciamo da sempre ma che non ha mai avuto ascolto. Abbiamo ricevuto storie di violenza e molestia da chi l’università l’ha fatta negli anni ’80: la differenza è che oggi finalmente il problema sta emergendo, grazie anche alle parole di Elena Cecchettin che hanno smosso le coscienze e acceso qualcosa. L’indagine nasce dopo le molestie all’Università di Torino, per dimostrare che non si tratta di un caso circoscritto ma diffusissimo e per verificare l’ipotesi di partenza: l’insufficiente presenza (reale o percepita) di enti/istituzioni votate al contrasto alle violenze/molestie di genere e conseguente supporto psicologico e legale nelle università italiane».