Cosa è successo
Due pestaggi davvero violenti, in seguito anche un tentativo di depistaggio in piena regola, con dichiarazioni false e un clima di omertà diffuso, che ha consentito ai responsabili di insabbiare le aggressioni. A fare emergere le violenze in danno di due detenuti, commesse lo scorso agosto all’interno del carcere di Foggia e immortalate anche dalle telecamere di sorveglianza della struttura, è stato un altro recluso, che ha assistito alla scena e, insieme a una delle vittime, ha denunciato tutto in un esposto che è riuscito a spedire in Procura facendola passare per una lettera da inviare ai familiari.
I domiciliari sono il minimo
Una vicenda che ora ha fatto finire ai domiciliari dieci agenti, con accuse pesantissime: dalla tortura all’abuso d’ufficio, passando per l’abuso di autorità contro detenuti, l’omissione di atti d’ufficio, il danneggiamento, la concussione, la falsità ideologica e anche la soppressione di atti. In manette sono finiti l’ispettore Giovanni Di Pasqua, il sovrintendente Vincenzo Piccirillo, l’agente Flenisio Casiere, l’assistente capo Nicola Calabrese, l’agente Pasquale D’Errico, l’assistente Raffaele Coccia, l’agente Giuseppe Toziano, il sovrintendente Vittorio Vitale, la vice ispettrice Annalisa Santacroce e l’assistente capo Massimo Folliero.
È stata respinta invece la richiesta di interdizione dalla professione per un anno per il medico del carcere Antonio Iuso e per la psicologa Stefania Lavacca. Sono inoltre indagati a piede libero altri due medici e un altro agente. Per quest’ultimo è stata respinta la richiesta di arresto avanzata dalla Procura.
Le aggressioni alle vittime, di cui una con problemi psichiatrici
Le violenze sono state riprese in diretta dalle telecamere di sorveglianza interne alla struttura carceraria. La prima vittima è stata spinta contro un muro mentre e picchiata selvaggiamente da un gruppo di guardie penitenziarie. Un altro agente è stato immortalato mentre assisteva alla scena, senza intervenire. Il detenuto ha problemi psichiatrici e sarebbe stato torturato perché aveva compiuto un gesto autolesionistico davanti a un’ispettrice. Anche il compagno di cella è stato preso di mira. I fatti risalgono allo scorso 11 agosto scorso.
A dare il via all’indagine, come si legge nelle carte, un esposto datato 17 agosto, che è stato spedito in Procura, del detenuto affetto da patologie psichiatriche e nel quale sono state ricostruite le aggressioni:
«Il giorno 11 agosto l’ispettore Di Pasqua, un brigadiere e altri agenti sono entrati in cella, hanno detto “perquisizione” e allo stesso tempo hanno iniziato a torturarmi violentemente con calci e pugni. Un pestaggio sanguinoso durato più di mezz’ora. Lo stesso pestaggio, contemporaneamente, è stato fatto al mio compagno di cella. L’ho visto sanguinare e massacrato». Una sequenza di torture che è contenuta nel file che è stato allegato agli atti dell’indagine.
La lettera di un testimone
Per fortuna c’è un testimone, detenuto bulgaro che ha fatto spedire l’esposto come se fosse una sua lettera personale, evitando che venisse controllato e cestinato dagli agenti. Ma non finisce qui. A mettere nei guai gli indagati ci sono anche i tentativi di depistaggio. Dopo le aggressioni, infatti, gli agenti avrebbero cercato di nascondere i fatti. Tra gli escamotage utilizzati per insabbiare le violenze, anche alcune dichiarazioni firmate da una delle vittime, nelle quali il detenuto assicurava che non gli «avevano fatto niente».
Arrivata l’ordinanza
I fatti sono stati ricostruiti dal gip in un’ordinanza di 90 pagine, nella quale il magistrato parla di «clima di omertà riscontrato tra il personale in servizio presso la casa circondariale». Un clima che in diverse occasioni avrebbe coinvolto anche i reclusi. Dagli accertamenti, infatti, come si legge ancora negli atti, è emersa la capacità degli arrestati di «ottenere la collaborazione di detenuti differenti dalle persone offese al fine di depistare le indagini e di intimidire le stesse vittime della violenza». E ancora: «Tutti i membri della polizia penitenziaria coinvolti – annota sempre il giudice nel documento – hanno dato prova di grande coesione sia nel compimento dei reati che nel tentativo di depistaggio».
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