Dopo quattordici anni il Consiglio di Stato ha dato ragione all’Uaar, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, per una vicenda che risale al 2010. A Mandas, piccolo Comune di duemila abitanti nel Sud della Sardegna in provincia di Cagliari, nel novembre 2009 il sindaco dell’Udc Umberto Oppus aveva emesso un’ordinanza che imponeva il crocifisso in tutti gli edifici pubblici. Chi non lo esponeva rischiava una multa da 500 euro da parte della Polizia Locale. Ora la sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che il sindaco non poteva emanare quell’ordinanza, rimasta in vigore per qualche mese e poi ritirata.
Prendo atto di questo provvedimento che ritengo non abbia alcun senso. Perché un simbolo così importante per la storia del nostro popolo dovrebbe rappresentare un problema? Non è un simbolo che offende ma che unisce, è un simbolo, anche se chiamarlo tale è riduttivo, che ha sempre e solo portato avanti valori positivi, al di là delle condivisione o meno della Chiesa in sé in quanto istituzione e in quanto potere. Sta di fatto che in Italia la Chiesa viene richiamata all’ordine quando serve: per l’aborto, per gli immigrati, per i detenuti, per tutte quelle cause per cui si è sempre battuta e su cui, giustamente deve prendere una posizione. Ma il crocifisso in sé non può e non dovrebbe ledere alcun ateo.
I dati
Tra le religioni più diffuse in Italia spicca quella cristiana: nelle sue diverse confessioni, il cristianesimo comprende la quasi totalità dei credenti. Su una popolazione residente pari a circa 59,26 milioni di abitanti a inizio 2021, la maggior parte dei cristiani italiani risulta cattolica; si tratta di circa 43,2 milioni di persone.
Nonostante i cristiani cattolici risultino ancora la stragrande maggioranza della popolazione residente, si assiste negli anni ad un lento, ma costante calo percentuale sul totale. Nel 2007 Ispos calcolava fossero l’85,4% della popolazione residente.
Secondo DOXA, nel 2019, i non credenti erano il 15,3% della popolazione (di cui 9% atei e 6,3% agnostici). Con il passare del tempo, anche per DOXA, i credenti cattolici sarebbero in diminuzione (−7,4% dal 2015), mentre crescerebbero gli atei (+3,8%). Tra le persone con età compresa tra i 15 e i 34 anni, gli atei e gli agnostici supererebbero il 22%, mentre i credenti cattolici sarebbero poco più del 50%; tra gli over 50, i credenti sarebbero circa il 77%.
È chiaramente una minoranza quella degli atei nel nostro Paese, motivo per il quale la trovo una scelta in controtendenza rispetto ai dati di cui sopra. È vero che il numero dei non credenti è in aumento, ma è pur vero che non sono minimamente paragonabili rispetto a coloro i quali riconoscono nel crocifisso come un simbolo da rispettare.
Se è stata una scelta a furor di popolo male, ma se è stata ponderata, dati alla mano, ancora peggio. Negli altri Paesi tutta questa tolleranza verso i propri simboli non c’è e non vedo perché dobbiamo togliere o non esporre un qualcosa che per molti di noi è importante e rappresentativo.