Se voi questi li chiamate “professionisti”
Stavolta Juan Jesus alla sentenza che ha assolto Acerbi non ha sprecato parole, ma ha usato la forza delle immagini: foto con pugno chiuso, in alto. Il giocatore del Napoli ha cambiato la foto del profilo Instagram con una immagine che rievoca le battaglie contro il razzismo del Black Power, di Tommie Smith e John Carlos sul podio dei Giochi di Messico 1968 con il pugno chiuso. E ripreso anche, negli anni recenti, dalle manifestazioni del Black Lives Matter.
Il comunicato ufficiale del Napoli
“Basiti, non aderiremo più a iniziative di facciata contro il razzismo”. E’ molto schietta la reazione del Napoli e dello stesso Juan Jesus contro la decisione di non punire Acerbi sulla vicenda degli insulti razzisti al brasiliano durante il match a San Siro con l’Inter.
Prima l’azzurro, poi la società
Prima lo stesso giocatore azzurro cambia la foto sul suo profilo Instagram, e ne sceglie una con il pugno alzato, storico simbolo delle lotte contro il razzismo, poi lo stesso club campione d’Italia reagisce postando la stessa foto ed un comunicato ardente:
“Restiamo basiti. Il Napoli non aderirà più a iniziative di mera facciata delle istituzioni calcistiche contro il razzismo e le discriminazioni, continueremo a farle da soli, come abbiamo sempre fatto, con rinnovata convinzione e determinazione”.
Per il Napoli “a questo punto il colpevole dovrebbe, per la ‘giustizia’ sportiva, essere Juan Jesus, che avrebbe accusato un collega ingiustamente. Non è ragionevole pensare che abbia capito male. Il principio di maggiore probabilità di un evento, ampiamente visibile dalla dinamica dei fatti e dalle sue scuse in campo, che nella giustizia sportiva è preso in considerazione, scompare in questa sentenza. Restiamo basiti. Inoltre, se quanto accaduto in campo, lo dice la sentenza, “è sicuramente compatibile con l’espressione di offese rivolte…dal calciatore interista, e non disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso dal medesimo”, perché – si chiede il Napoli – non irrogare a quest’ultimo alcuna sanzione? Perché, poi, lo dice sempre la sentenza, ‘essendo raggiunta sicuramente la prova dell’offesa’, nessuna decisione è stata assunta dalla giustizia sportiva al riguardo per punire il responsabile? Restiamo ancor più basiti”.
Juan Jesus alla fine è stato zitto, ma i tifosi azzurri no
“Siamo alla tolleranza del razzismo, una strada completamente sbagliata pensando all’odio di alcune tifoserie anche nei confronti di Napoli e dei napoletani. Con questa sentenza giustifichi anche slogan come ‘lavali col fuoco’. Parole così gravi devono essere condannate, anche se esiste un dubbio”, scrive Gianluca.
“Siamo in un periodo in cui cresce la sensibilità contro il razzismo, ma si assiste anche alla tendenza opposta e non si può lasciare che in campo accada questo”, argomenta Marco.
“Se fossi in Juan Jesus – scrive sui social Massimiliano – farei una conferenza stampa, ringrazierei il Napoli e i napoletani e chiederei la rescissione del contratto per lasciare l’Italia e tornare in Brasile. Lo farei sul serio al posto suo”. Ma per favore.
Menomale c’è qualcuno che ragiona
C’è anche chi a Napoli crede che la polemica dovesse chiudersi a fine partita:
“Mi sembra corretta l’assoluzione – spiega Amedeo – perché mi baso sulle dichiarazioni di Juan Jesus dopo la partita, che ha chiuso in maniera perentoria e civile l’argomento dicendo di accettare le scuse. Poi la vicenda è stata riaperta per la Nazionale, ma il diretto interessato l’aveva chiusa”.
Sui social si esprime anche Bruno Siciliano, docente di robotica alla Federico II e grande fan del club azzurro. A suo avviso la sentenza “conferma che l’Italia è un paese profondamente razzista”, e lancia una sfida ad Acerbi: “Se hai gli attributi allora devi querelare Juan Jesus per diffamazione”.