L’Università di Trento ha varato il regolamento d’ateneo, ma c’è una novità. Lo hanno scritto usando il femminile ovunque: la presidente, la rettrice, la segretaria, la decana, la candidata e le professoresse, indipendentemente dal genere a cui fanno riferimento.
In una nota dell’università si legge che “la peculiarità di quest’ultima versione viene ribadita proprio nell’incipit del documento, nel quale si specifica che i termini femminili usati si riferiscono a tutte le persone (titolo1, art.1, comma 5)”.
Ecco il nuovo modo di essere “rivoluzionari”, parlare con gli asterischi, ribellarsi se ti chiamano “avvocatO invece di avvocatA”. Siamo allo sbando se diamo retta a queste cazzate come vera svolta per il “femminismo”. Una delle tante storture del politicamente corretto è il linguaggio inclusivo.
Le parole del rettore dell’università
Il rettore dell’ateneo Flavio Deflorian ci tiene a spiegare il motivo della scelta: “Nella stesura del nuovo regolamento abbiamo notato che accordarsi alle linee guida sul linguaggio rispettoso avrebbe appesantito molto tutto il documento. In vari passaggi, infatti, si sarebbe dovuto specificare i termini sia al femminile, sia al maschile. Così, per rendere tutto più fluido e per facilitare la fase di confronto interno, i nostri uffici amministrativi hanno deciso di lavorare a una bozza declinata su un unico genere. Hanno scelto quello femminile. Una scelta dettata anche dalla necessità di mantenere all’attenzione degli organi di governo la questione. Leggere il documento mi ha colpito. Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali. Così ho proposto di dare, almeno in questo importante documento, un segnale di discontinuità. La proposta è stata accolta all’unanimità senza alcuna obiezione”.
Il nuovo regolamento, dopo alcuni passaggi formali, sarà emanato, trasmesso alle strutture e pubblicato sul sito dell’università, dove sarà liberamente consultabile.
Fortunatamente c’è chi dice no, ovvero Azione Universitaria. In una nota firmata da Giulia Clara Balestrieri, l’associazione studentesca ha puntato il dito contro la retorica vuota e paternalista.