Quando un presidente del Consiglio si scomoda per trasferirsi dallo scranno di Palazzo Chigi alla sedia di Porta a porta, è il segnale che si è entrati in piena campagna elettorale. Non a caso il programma storico di Bruno Vespa viene detto “la terza Camera dello Stato”.
Giorgia Meloni e il premierato
Giorgia Meloni è sul pezzo e parte attaccando il Pd, che non digerisce suo il premierato: «Si vorrebbe un sistema in cui riescano a governare anche quando perdono le elezioni». Va oltre sull’elezione diretta delle alte cariche dello Stato proponendola anche per il presidente della Repubblica: «Vogliamo introdurre anche la sua elezione diretta? Non solo non ne sarei contraria ma quella era la mia idea iniziale di riforma».
Meloni sa di avere anche potenziali avversari interni, primo fra tutti l’amico e compagno di partite a burraco Matteo Salvini, uscito in questi giorni con il progetto di una norma “salva-case”. Per lei sembra avere un senso unicamente acchiappa-voti: «Non commento una norma che non conosco».
Poi una stoccata a un’iniziativa che rischia di sparpagliare la maggioranza: «Se ognuno alza le sue bandierine, ci ritroveremo la sinistra. Ma è in difficoltà e se vogliamo farle un favore ci mettiamo a litigare e a fare campagna elettorale sulla base delle nostre idee, che sono diverse».
Si parla anche del caso Bari. «Vogliamo dire che la norma sullo scioglimento dei comuni deve essere riformata perché non adeguata? Posso anche essere d’accordo. Ma non ci possono essere pesi e misure diverse quando l’ipotesi di scioglimento tocca un Comune amministrato dalla sinistra».
L’ultimo tema è storicamente il più caldo di qualsiasi campagna elettorale: la lotta all’evasione fiscale. «Non si può dire che questo Governo sia amico degli evasori. Abbiamo difeso anche i lavoratori autonomi, da sempre visti dalla sinistra come lavoratori di serie B». E la Sanità: «Non è vero che tagliamo la spesa sanitaria, lavoriamo sulla questione delle liste di attesa e dell’abolizione del tetto per i dipendenti del settore».