Zangrillo sempre molto diretto
Alberto Zangrillo, 65 anni, capo dipartimento cardio-vascolare dell’ospedale San Raffaele, non è certo uno che le manda a dire: «La sanità ha un budget insufficiente? I primi colpevoli sono i malviventi che evadono il fisco. Chi non paga le tasse per me è un ladro: beneficia di cure gratuite senza contribuire a pagarle».
Queste le sue parole dopo aver letto l’appello a difesa della sanità pubblica, firmato da 14 tra i più importanti scienziati italiani, tra i quali il premio Nobel Giorgio Parisi.
L’intervista al Corriere della Sera
Il suo è un tentativo di sviare l’attenzione dalle colpe di un governo di centrodestra che sta sottofinanziando la Sanità?
«Nient’affatto. Gli evasori sono i primi colpevoli, ma la politica non ne esce bene. Che sia di centrodestra come oggi o di centrosinistra come in passato. Ho letto l’appello e sono d’accordo che il sistema sanitario, oggettivamente in affanno e con risorse insufficienti, vada tutelato perché la salute è il bene supremo».
Qualcosa mi dice, però, che non vuole semplicemente sottoscrivere l’appello…
«Io voglio evitare che venga fatta l’equazione “Salviamo il sistema sanitario” uguale “Salviamo solo gli ospedali pubblici”».
In effetti lei lavora per un Gruppo della Sanità privata accreditata.
«In realtà il Dna del San Raffaele fin dalla sua nascita nel 1971 è di funzione pubblica. Ma la questione non è questa. Io la vedo come se ci fosse un padre che ha due figli e decide di prendersi cura solo di uno dei due. Ecco per me il rischio in questo momento è che gli ospedali privati accreditati, che fanno parte a pieno titolo del servizio sanitario nazionale, vengano trascurati e sottovalutati nella loro funzione».
Cosa chiede?
«Sono stufo dei pregiudizi contro il privato accreditato che sembra il male assoluto, mentre contribuisce per il 35% dei ricoveri del servizio sanitario nazionale».
Il problema è che il privato accreditato fa soprattutto le prestazioni con i rimborsi più remunerativi, ossia quelle che gli convengono di più.
«Noi siamo pronti a fare la nostra parte per salvare il Sistema sanitario nazionale. E lo dico anche a nome di tutti i 18 ospedali del Gruppo San Donato, il primo operatore della Sanità privata accreditata in Italia».
Perché proprio oggi l’esigenza di manifestare questa disponibilità?
«Davanti a un sistema in crisi qual è quello sanitario bisogna ragionare tutti insieme sulle cause per trovare soluzioni. Senza ideologia, ma in modo pragmatico».
Non mi dica che la soluzione ai problemi della Sanità pubblica è dare più soldi ai privati accreditati.
«Il privato accreditato ha il diritto di dire la sua e di essere ascoltato e anche, semmai, di essere corretto. Va ricordato in ogni caso che i privati accreditati hanno un tetto di spesa annuale che limita l’offerta di prestazioni pubbliche che possono erogare».
E si preferisce puntare sull’attività a pagamento.
«Per offrire le prestazioni con il servizio sanitario nazionale a più pazienti possibile il San Raffaele ha sforato il budget assegnato di quasi 10 milioni di euro. Penso che questo dato parli da solo. La via maestra per passare dalle parole ai fatti è che chi può permetterselo paghi per ricevere le cure in modo da liberare posti nel servizio sanitario per chi non ne ha la possibilità. Io in farmacia non ho mai neppure pensato di fornire il mio codice fiscale per dedurre le spese dei medicinali».
Il problema è che oggi di fronte a liste d’attesa chilometriche anche chi non se lo può permettere è costretto a pagare o a non curarsi.
«Che in Italia curarsi sia diventato un lusso io lo denuncio da tempo».
Poi però lavora in un posto d’eccellenza indiscussa, ma considerato l’ospedale dei ricchi. Senza citare i suoi pazienti Vip.
«Il mio cellulare è un ambulatorio virtuale aperto 365 giorni l’anno per chiunque. E al San Raffaele sono curati migliaia di pazienti non benestanti. Non cado nella trappola di chi sostiene che è solo il pubblico che vale e che gli altri sono furbacchioni che vogliono arricchirsi».
Chi paga ottiene le prestazioni in tempi record, però, mentre gli altri aspettano.
«È per questo che oggi più che mai serve il coraggio delle scelte. Che vuol dire anche premiare gli ospedali migliori e chiudere quelli inutili e soprattutto pericolosi perché svolgono poca attività».