Tra le innumerevoli storie di femminicidio, alcune fanno più ribrezzo e non perché siano più gravi delle altre. Se una ragazza ha ancora possibilità di chiedere soccorso e le viene negato con tracotanza dalle forze dell’ordine, si configura una vergogna molto più inquietante di un delitto compiuto tra quattro mura, che perlomeno dà meno tempo a chi dovrebbe proteggere di sventare la furia omicida.
È successo in Grecia che una donna di 28 anni, Kyriaki Griva, disperata, sia corsa in commissariato alla periferia di Atene per chiedere aiuto, braccata da un ex fidanzato. Già intimato da un ordine restrittivo dal 2020, per lo stupro e le percosse ai danni della ragazza. Mai processato e non è chiaro il motivo.
In commissariato, Kyriaki Griva ha denunciato che il suo ex la seguiva fino a sotto casa, in violazione dell’ordine giudiziario. È stata ascoltata per otto minuti: Prima di andarsene ha chiesto agli agenti di accompagnarla a casa, ma il poliziotto di turno le ha detto che non c’erano auto disponibili, suggerendole di chiamare il 100, un numero telefonico speciale per le emergenze.
«Signorina, le auto della polizia non sono un taxi», le è stato risposto. Dopo il rifiuto delle forze dell’ordine di scortarla a casa, la giovane è stata uccisa a coltellate dall’uomo che l’aveva minacciata. Non distante dalla stazione di polizia di Agioi Anargyroi, un comune di 30 mila abitanti ai sobborghi della capitale.
L’assassino si è poi ferito con lo stesso coltello ed è ricoverato in ospedale in stato di arresto. Il centralinista del numero delle emergenze e i poliziotti che hanno ricevuto la denuncia della giovane sono stati sospesi e verranno indagati: rischiano sanzioni amministrative e penali per omissione di soccorso.
Non la pagheranno mai, come una lunghissima fila di poliziotti che, in tutto il mondo, invece di fare il proprio dovere pestano a sangue, a volte ammazzano, sicuri di una inspiegabile impunità.