Per doppiare la boa dei sessant’anni, Alfonso Signorini ha invitato gli amici più cari in trattoria, a Seregno: forse per scaramanzia, proprio 60 persone, «che mi hanno accompagnato nel mio percorso di crescita», racconta il conduttore del Grande Fratello.
Breve biografia di un ex prof
Signorini è stato assunto come praticante giornalista nel 1992, per il progetto nascente del settimanale Noi, diretto da Gigi Vesigna ed edito da Silvio Berlusconi.
Veniva da una cattedra di latino e greco al liceo Leone XIII, in un quartiere privilegiato di Milano.
In redazione si presentava con giacca e farfallino; melomane e coltissimo anche musicalmente, prima di quell’approdo scriveva recensioni di musica lirica per Sorrisi & Canzoni Tv.
Risultò presto chiaro a tutti i suoi colleghi dell’epoca che fosse una vera macchina da guerra.
Capace di fare decine e decine di telefonate al giorno e mettere su un piatto d’argento notevoli esclusive fotografiche per il direttore, per esempio un servizio strepitoso su Anna Oxa, ai tempi diva assoluta.
Dalle ceneri di Noi nacque il settimanale Chi, affidato alla direzione di una vera maestra del giornalismo popolare, Silvana Giacobini. Ben presto lo scelse come suo prediletto.
Figliol prodigo
Alfonso Signorini si confida con il Corriere della Sera su molti aspetti, compresi quelli che riconosce come suoi errori di gioventù. Il suo massimo rimpianto: «Sicuramente quando ho lasciato la Mondadori, dove facevo l’inviato per Chi, deludendo Silvana Giacobini che mi voleva bene, e mi vuole ancora bene, come a un figlio.
«Ma mi ero un po’ montato la testa. Mi trasferii a Roma, dove le cose non andarono come avevo sperato. Mi ritrovai solo con il mio bassotto Scoop e il telefono che non squillava più.
«Mi salvò Roberto D’Agostino, che organizzò una cena con Carlo Rossella, ai tempi direttore di Panorama, e così rientrai in Mondadori».
Per la prima volta, al suo compleanno non può esserci Silvio Berlusconi: «Proprio così. Gli assenti giustificati sono due. Lui e Maria De Filippi, che registra pure la domenica mattina».
Signorini non è il tipo da cene di lusso, per il suo genetliaco: «Pranzo della domenica nella vecchia trattoria di Seregno dove andavo con i miei, Al Pertegà. Ho fatto rifare il menu della mia infanzia: risotto con salsiccia, carrellone dei bolliti, e ho dato al cuoco la ricetta della torta di mia nonna Armida».
I suoi ricordi d’infanzia echeggiano Salgari: «Ci sono io che pedalo per le vie di Cormano sulla mia Graziella. Prima a quattro ruote, poi a due, poi truccata con le carte da gioco per fare rumore quando i miei amici avevano tutti il Ciao. Mi ha accompagnato nella mia crescita. Immaginavo di essere un esploratore nelle giungle del maharaja, tra le campagne inglesi, sulle Alpi svizzere».
Un anno fa Signorini ha rinunciato alla direzione di Chi: dispiaciuto? «Ma no, è stato tutto naturale. E poi continuo a mantenere un rapporto diretto con i lettori, oltre a lavorare sui contenuti con il direttore Massimo Borgnis.
«Pensavo invece che sarei stato più libero per fare la pubblicità, ma non mi ha cercato nessuno, nemmeno Poltronesofà, che sarebbe il mio sogno!».