Parte delle brigate israeliane sta lasciando la striscia di Gaza, inizia la terza fase dell’operazione di terra, con «raid mirati». Netanyahu sente odore di vittoria e, tutto d’un tratto, tratta, o almeno dice di averne intenzione. Dà un «mandato significativo per trattare, ma nessun cessate il fuoco è possibile senza il rilascio degli ostaggi».
Una fonte egiziana sosterrebbe che i negoziati su Gaza al Cairo hanno registrato «grandi progressi, con un accordo sui punti principali tra le varie parti». Le delegazioni di Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar lasceranno la capitale egiziana nelle prossime ore, ma è previsto il loro ritorno tra due giorni «per concordare gli articoli dell’accordo finale».
Negli ultimi giorni Israele ha ritirato le truppe di terra dal sud di Gaza, lasciando Khan Yunis. Per l’Idf (Forze di difesa israeliane) è l’avvio della Terza Fase dell’operazione di terra cominciata il 27 ottobre. Che, bontà loro, prevede «raid mirati e limitati, come nel caso dell’ospedale Shifa a Gaza City».
Il cambio di strategia è arrivato nel giorno stesso in cui al Cairo si riaprono i negoziati indiretti. Fonti locali – citate dai media del Qatar – hanno riferito di una possibile tregua temporanea da martedì prossimo, per i tre giorni successivi della Festa di Eid el- Fitr, che mette fine al mese di Ramadan.
Si direbbe, stando a quel che filtra dal Cairo, che a spingere per i negoziati siano Qatar, Egitto e soprattutto gli Usa,, che hanno inviato il capo della Cia William Burns.
Benyamin Netanyahu ha affidato alla delegazione israeliana «un mandato significativo per trattare», ma allo stesso tempo è tranchant: «Nessun cessate il fuoco è possibile senza il rilascio degli ostaggi, anche perché per Israele la vittoria è vicina. Non è Israele a impedire un accordo ma Hamas».
Il ministro della Difesa Yoav Gallant puntualizza che la scelta di ritirare le truppe di terra da Khan Yunis è stata decisa «nel momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare in città. Le nostre forze hanno lasciato l’area per prepararsi alle loro future missioni, inclusa la missione a Rafah. Ma se necessario non è escluso che l’Idf possa tornare a Khan Yunis».
Alla faccia del “mandato significativo”.