La scrittrice e poetessa Edith Bruck ha 92 anni ma è più lucida e precisa di gran parte degli intellettuali europei. Conosce la Shoah: a 13 anni è stata deportata in vari campi di concentramento insieme alla sua famiglia, perdendo madre, padre e un fratello, mai più usciti da quell’inferno.
Intervistata dal Fatto quotidiano, Bruck pronuncia parole che dovremmo scolpire nella pietra, capaci di analizzare la stortura profonda dell’uomo più potente di Israele. «Bastava una scintilla per restaurare un sentimento antiebraico oramai radicato nei meandri di una storia manipolata e bugiarda.
«Netanyahu ha preparato un falò contro chi pensa che gli ebrei non abbiano diritto a esistere. Penso che il governo non esprima la volontà del popolo. Non più, non adesso. È il responsabile di una reazione enorme, ingiusta, così inappropriata da aver provocato uno tsunami contro gli ebrei, attizzando il fuoco di un antisemitismo che non aveva bisogno di prove per alzare alte le sue fiamme».
La scrittrice riflette poi sul concetto di genocidio e dobbiamo ascoltarla con la massima attenzione, forse dibatterne nelle aule universitarie, per dare ai collettivi pro-Palestina un elemento essenziale di ragionamento. A Gaza, avverte Bruck, non si sta consumando un genocidio. «Il genocidio è un’altra cosa. Quella di Gaza è l’esito di una terribile, abnorme risposta militare. Trentaduemila morti, migliaia di bambini innocenti. Vivo l’angoscia di queste esistenze che si spengono».