Secondo gli Stati Uniti, la minaccia di un attacco dell’Iran a Israele è «credibile e concreta», dopo il raid su Damasco e l’uccisione di Mohamed Reza Zahedi, alto rappresentante delle Guardie rivoluzionarie iraniane.
Il Corriere della Sera scrive di vari possibili scenari: un’azione massiccia con droni-kamikaze e missili a lungo raggio, concentrata su siti militari; un attacco mirato eseguito con missili terra-terra, circoscritto; un colpo contro una sede diplomatica dello Stato ebraico, obiettivo analogo a quello centrato da Israele a Damasco.
«Non sono convinto al 100% che succederà ora, ma se accadrà penso che gli iraniani non faranno qualcosa che porti all’escalation e a una guerra più ampia», dice al Corsera Vali Nasr, accademico nato a Teheran, docente alla Johns Hopkins Universitye già consigliere del dipartimento di Stato Usa. «La pressione ora è sull’America e su Israele perché questa non diventi una guerra più ampia. A meno che un attacco iraniano provochi molti morti dentro Israele, a un livello a cui Israele sentirà di dover rispondere, non penso che si arriverà a una escalation».
Il fattore sorpresa
«Prima di tutto manca il fattore sorpresa», continua il docente: «Penso che potrebbero preferire un momento in cui Israele non se l’aspetta. Secondo: non vogliono dare a Netanyahu la scusa per spostare il discorso da Gaza all’Iran, non vogliono aiutarlo a ricostruire i rapporti con l’amministrazione Biden né togliere la pressione della piazza su di lui.
«Una guerra più ampia contribuirebbe a fare tutto questo. Ma d’altra parte, gli iraniani sentono la necessità di dimostrare che non porgono l’altra guancia e di mandare un messaggio di deterrenza a Israele perché non compia altri attacchi come a Damasco».
«Sono sicuro che stanno offrendo all’Iran una varietà di cose e questa è già una vittoria per l’Iran. Tutto il mondo sta chiedendo al’Iran in pratica di non fare rappresaglie, ma credo che dietro le quinte stiano anche facendo pressione su Israele.
«Non penso che gli americani siano contenti dell’attacco a Damasco: gli israeliani non li hanno consultati, Netanyahu ha creato una nuova crisi per l’amministrazione Biden. Penso che le conversazioni consistano non solo nel dire all’Iran di non vendicarsi o, se lo fa, di agire fino a un certo punto, ma che gli americani dicano a Israele di accettare una rappresaglia fino a un certo livello».