«Se Israele attacca siamo pronti a usare un’arma mai utilizzata prima». La minaccia dell’Iran dopo l’attacco missilistico responsabile di un’escalation quantomai drammatica nella polveriera del Medio Oriente spaventa l’Europa, oltre che le popolazioni dell’area.
L’amministrazione di Joe Biden ha coniato un nuovo concetto, “de-escalation”, per sintetizzare l’azione diplomatica volta a raggiungere un compromesso che eviti ulteriori guerre.
Netanyahu però continua a preparare le sue forze armate a una rappresaglia. Gli obiettivi da colpire secondo la sua strategia sarebbero i centri di sviluppo.
Verrebbero fatti decollare diversi squadroni di aerei F-35, ma nell’incertezza di riuscire a fermare il programma nucleare della Guida suprema Ali Khamenei.
Secondo il Corriere della Sera, “per distruggere centrali come Fordow, costruita a 80 metri di profondità dentro una montagna, sono necessarie le bombe «bunker buster» da 13 tonnellate che neppure l’amico Donald Trump gli ha fornito quand’era presidente”.
E proprio i centri di sviluppo potrebbero essere tra i bersagli della eventuale rappresaglia al bombardamento ordinato da Ali Khamenei, la Guida Suprema, nella notte tra sabato e domenica.
Sarebbe l’operazione più complessa tra quelle possibili, i piani esistono, sono stati visti e rivisti, prevederebbe l’utilizzo degli F-35 in diversi squadroni che coprirebbero i quasi 2.000 chilometri di volo da varie direzioni.
Manca un elemento essenziale, se l’obiettivo è fermare il programma nucleare: per distruggere centrali come Fordow, costruita a 80 metri di profondità dentro una montagna, sono necessarie le bombe «bunker buster» da 13 tonnellate che neppure l’amico Donald Trump gli ha fornito quand’era presidente.
Rimangono comunque bersagli da colpire le basi dei Pasdaran in Iran e i depositi di armamenti costruiti in questi anni dalle Guardie della Rivoluzione in Siria verso il confine con il Libano.
La guerra, nel Nuovo Millennio, è anche 2.0. Allo studio in Israele per indebolire il regime degli Ayatollah ci sarebbero i “cyber-attack”.
C’è il precedente del 2009, con gli hacker delle Forze di difesa che programmarono il virus Stuxnet per infettare i computer nei laboratori.
Adesso si prospetta un cyber-raid concentrato sulle infrastrutture iraniane, che dimostrerebbe la presunta fragilità dell’Iran.