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Scurati, oscurati

Qualunque personaggio pubblico con abbastanza sale in zucca e senso dei propri limiti sa che il successo può dare alla testa. Ci auguriamo non sia il caso di Antonio Scurati.

Qualunque personaggio pubblico con abbastanza sale in zucca e senso dei propri limiti sa che il successo può dare alla testa. Ci auguriamo non sia il caso di Antonio Scurati, cui è stato di fatto impedito di leggere un monologo sull’antifascismo a Rai3, nel programma di Serena Bortone Chesarà.

Siamo al terzo giorno di putiferio, scatenato dalle opposte reazioni di Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Nel frattempo il testo di Scurati è diventato di dominio pubblico e onnipresente, letto da una lunga serie di scrittori e intellettuali per esprimergli solidarietà e sostenere la libertà d’opinione e di parola.

A Napoli, al convegno Repubblica delle idee, lo scrittore ha tenuto banco e forse un po’ esagerato.

«Quando un leader politico di tale carisma, come sicuramente è la premier Meloni», sostiene Scurati, «che ha un seguito molto vasto, nel cui seguito da qualche parte là sotto, vista anche la storia politica da cui proviene, c’è sicuramente qualche individuo non estraneo alla violenza; quando il capo punta il dito contro il nemico e i giornali, o meglio i “giornasquadristi” fiancheggiatori del governo ti mettono sulle prime pagine, con il titolo sotto “l’uomo di M.”, ti disegnano un bersaglio intorno alla faccia. Poi magari qualcuno che mira a quel bersaglio c’è. Succede, è già successo».

«È duro, faticoso, doloroso», continua Antonio Scurati. «All’improvviso, per aver fatto lo scrittore, mi ritrovo al centro di una polemica politico-ideologica accanita, spietata e fatta di attacchi personali denigratori che mi dipingono come un profittatore, quasi come un estorsore.

«Pensavo che la Rai fosse anche mia, del resto è di tutti, è dello Stato italiano, ma alla fine mi hanno detto “tu non entri”, come un ospite indesiderato. Si è perso il senso di democrazia in questo Paese».

Alt, un momento. Il senso della democrazia dovrebbe essere condiviso tanto a destra quanto a sinistra. La Storia dimostra che il bavaglio alla stampa e al dissenso non è un monopolio del nazifascismo.

Scurati va quindi giù molto pesante su quelli che ritiene siano sintomi di un fascismo di ritorno in Italia. «Vediamo da dove viene, dalla militanza giovanile nel Movimento sociale italiano fondato da Almirante e Romualdi, i servi degli aguzzini tedeschi, i massacratori, i fucilatori.

«Sono loro che non vogliono dire quella parolina (antifascismo, ndr) e che non vogliono fugare le ombre e recidere quel legame. Le ombre camminano con loro. È sbagliato e fuorviante aspettare la camicia nera.

«Ci sono altre forme di violenza, non fisica, ma verbale, intimidatoria, nuove forme di aggressione alla democrazia che hanno radici lontane. Non aspettate il ritorno delle squadracce fasciste: non marciano su Roma, arrivano a Roma vincendo libere e democratiche elezioni». 

Il riferimento, nemmeno tanto velato, è agli episodi di adunate e saluti romani su cui si è appena pronunciata la Cassazione, stabilendo che non sono reato in quanto “manifestazioni esteriori” che non prefigurano la ricostituzione del Partito fascista, vietata dalla nostra Costituzione.

Scurati è di diverso avviso e legge tra le righe della polemica il pericolo concreto che le camicie nere siano pronte a tornare.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani tenta di ridimensionare il polverone definendolo una «tempesta in un bicchier d’acqua: non mi sono mai permesso di chiamare nessuno, né alla Rai né altrove, per dire di non far parlare qualcuno. Per me questo non esiste. Però non bisogna neanche strumentalizzare tutto».

«La Costituzione è strutturalmente antifascista e noi giuriamo sulla Costituzione», interviene il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

«Ma la violenza perpetrata di chi si dichiara antifascista non ci appartiene Il 25 aprile è un fatto oggettivo”, dice ancora, poi ricorda Sergio Ramelli, sprangato da antifascisti: «La parola antifascista, purtroppo, ha portato in tanti anni a morti».

Antonio Scurati ha avuto tutte le possibilità immaginabili di difendersi e quindi non è ancora detto che la democrazia stia naufragando. Meloni non è Pinochet. La polemica ha preso la mano un po’ a tutti, forse sarebbe meglio tacere e approfondire. Scurati compreso.

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