Nella miglior tradizione dei ribaltoni intellettuali che appartengono di diritto alla Storia della Repubblica, Don Matteo Salvini a Livorno ciancia di fascismo e di marineria.
Giunto nel polo portuale più importante della Toscana per presentare il suo nuovo libro Controvento, il leader della Lega è stato accolto da una vivacissima ma numericamente modesta contestazione giovanile, armata di uova, arance e petardi.
Prontamente respinta dalla polizia e additata dal vicepremier con parole impietose: «Livorno è una città aperta, curiosa, solidale. Questi che lanciano uova contro la polizia e minacciano, non sono Livorno così come quelli oggi a Napoli che attaccavano la polizia e contestavano Vannacci», intima Salvini.
«Mi dispiace che nel 2024 ci siano i veri fascisti rimasti. I fascisti rossi sono gli ultimi fascisti rimasti che vorrebbero impedire a qualcuno di presentare un libro, di parlare. I soliti democratici a targhe alterne, tolleranti solo con chi la pensa come loro. Se pensano di intimidirci si sbagliano di grosso: la Lega non arretra di un millimetro».
Breve e insieme doverosa precisazione riguardo al linguaggio della marineria: “Controvento”, prima che il titolo di una canzone di Arisa, è un’andatura di navigazione a vela impensabile se non “di bolina”, ovvero zigzagando e timonando quanto più possibile per gonfiare le vele nonostante il vento contrario.
In gergo è anche detta “bordeggiare”, arte del tenersi debitamente distanti dagli inconvenienti di cui Salvini pare esperto.