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OGGI IN CASA RAI NON SI LAVORA. I giornalisti annunciano lo sciopero: “preferiamo perdere la paga che la libertà”

“per la prima volta dopo molti anni, si asterranno totalmente dal lavoro”, una lotta per la libertà. Ma quanto costa essere liberi? Arriva subito la risposta

Andate a lavorare ragazzi

Oggi, lunedì 6 maggio, le giornaliste e i giornalisti della Rai sciopereranno. La decisione è stata comunicata tramite un videomessaggio trasmesso in tutti i Tg dell’emittente pubblica, targato Usigrai (il sindacato dei giornalisti della Rai). «I giornalisti e le giornaliste della Rai, per la prima volta dopo molti anni, si asterranno totalmente dal lavoro», una lotta per la libertà. Ma sapete cosa significa non essere liberi? Arriva la risposta direttamente dall’azienda, che cita il diritto d’informazione di cui ogni cittadino dispone, caposaldo della democrazia. Andate a lavorare ragazzi. Le lotte ideologiche si fanno in piazza, non sul divano di casa.

Le motivazioni


Nello stesso videomessaggio vengono poi spiegate le motivazioni della scelta: «Protestare contro le scelte del vertice aziendale che accorpa testate senza discuterne col sindacato, non sostituisce coloro che vanno in pensione e in maternità facendo ricadere i carichi di lavoro su chi resta, senza una selezione pubblica e senza stabilizzare i precari, taglia la retribuzione cancellando unilateralmente il premio di risultato».

Ma non solo: «In questi giorni è diventato di dominio pubblico il tentativo della Rai di censurare un monologo sul 25 Aprile, salvo poi, in evidente difficoltà, cercare di trasformarla in una questione economica». E dunque, concludono: «Preferiamo perdere uno o più giorni di paga, che perdere la nostra libertà, convinti che la libertà e l’autonomia del servizio pubblico siano un valore di tutti. E la Rai è di tutti».

La replica: “motivazioni ideologiche e politiche”


Immediata la risposta dell’azienda, che ha ribattuto sempre mediante videomessaggio. «La decisione del sindacato Usigrai di scioperare su motivazioni che nulla hanno a che vedere con i diritti dei lavoratori si inquadra in motivazioni ideologiche e politiche», sostengono i vertici. Aggiungendo come «l’attuale governance della Rai sta lavorando per trasformare il servizio pubblico in una moderna Digital Media Company».

“No censura e no bavaglio”

Le contestazioni del sindacato vengono dunque affrontate con ordine: «Alcuna censura o bavaglio è stato messo sull’informazione e si invita l’Usigrai a cessare di promuovere fake news che generano danno all’immagine dell’azienda. L’azienda ha proceduto all’adeguamento del sistema premiante dei giornalisti a quello di tutti gli altri dipendenti. L’impossibilità nell’attuale quadro economico di aprire nuovi concorsi pubblici per nuove assunzioni giornalistiche a fronte di un organico di oltre 2.000 unità mentre si rendono invece necessari processi di ottimizzazione che consentano di valorizzare l’organico esistente. In questa direzione vanno le razionalizzazioni approvate dal Cda Rai». E infine: «Lo sciopero del sindacato Usigrai a un mese dalle elezioni europee oltre a impoverire l’offerta informativa, espone il servizio pubblico a strumentalizzazioni politiche, privando i cittadini del fondamentale diritto all’informazione, caposaldo della democrazia». Andate a lavorare.

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Un ragazzaccio appassionato di sport, cultura e tutto ciò che è assorbibile. Stanco della notizia passiva classica dei giornali e intollerante all'ipocrisia e al perbenismo di cui questo paese trabocca. Amante della libertà e diritto della parola, che sta venendo stuprata da coloro che la lingua nemmeno conoscono. Contrario alla censura e alla violenza, fatta qualche piccola eccezione. Ossessionato dall'informazione per paura di essere fregato, affamato di successo perché solo i vincitori scriveranno la storia.