Per Giorgia Meloni la separazione delle carriere dei magistrati potrebbe anche attendere, la riforma verso il premierato invece no. Al Senato, interviene Liliana Segre, per una volta non attenta soprattutto alle pieghe della questione Shoah e antisemitismo.
Qui si parla di vita istituzionale della Repubblica. La senatrice sopravvissuta all’Olocausto inizia rivolgendosi al ministro per le Riforme istituzionali: «Non dubito delle buone intenzioni dell’amica Elisabetta Casellati, alla quale posso solo esprimere gratitudine per la vicinanza che mi ha sempre dimostrato.
«Poiché però, a mio giudizio, il disegno di riforma costituzionale proposto dal governo presenta vari aspetti allarmanti, non posso e non voglio tacere.
«Sulle riforme costituzionali, occorrono non prove di forza o sperimentazioni temerarie, ma generosità, lungimiranza, grande cultura costituzionale e rispetto scrupoloso del principio di precauzione.
«Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan “scegliete voi il capo del governo!” Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate».
Liliana Segre, quindi, propone la sua analisi, calcando un po’ la mano: «Il tentativo di forzare un sistema di democrazia parlamentare, introducendo l’elezione diretta del capo del governo, che è tipica dei sistemi presidenziali, comporta, a mio avviso, due rischi opposti.
«Il primo è una stabilità fittizia, il secondo è il rischio di produrre un’abnorme lesione della rappresentatività del parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del Presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale».
«La proposta governativa è tale da non scongiurare il primo rischio e da esporci con altissima probabilità al secondo.
«Infatti, l’inedito inserimento in Costituzione della prescrizione di una legge elettorale che deve tassativamente garantire, sempre, mediante un premio, una maggioranza dei seggi a sostegno del capo del governo, fa sì che nessuna legge ordinaria potrà mai prevedere una soglia minima al di sotto della quale il premio non venga assegnato.
Liliana Segre aggiunge la bocciatura delle due leggi elettorali da parte della Consulta perché «lesive del principio dell’uguaglianza del voto.
«E dunque, mi chiedo, come è possibile perseverare nell’errore, creando per la terza volta una legge elettorale destinata a produrre quella stessa “illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare”.
«Comporterebbe un drastico declassamento a danno del presidente della Repubblica, che viene privato di alcune fondamentali prerogative e sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un premier forte di una diretta investitura popolare.
«E la preoccupazione aumenta per il fatto che anche la carica di capo dello Stato può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza.
«Ciò significa che il partito o la coalizione vincente sarebbe in grado di conquistare in un unico appuntamento elettorale, il primo Ministro e il governo, la maggioranza assoluta dei senatori e dei deputati, il presidente della Repubblica e, di conseguenza, anche il controllo della Corte Costituzionale e degli altri organismi di garanzia.
«Il tutto sotto il dominio assoluto di un capo del governo dotato di fatto di un potere di vita e di morte sul Parlamento. Nessun sistema presidenziale o semipresidenziale consentirebbe una siffatta concentrazione del potere.
«Non è dunque possibile ravvisare nella deviazione dal programma elettorale della coalizione di governo un gesto di buona volontà verso una più ampia condivisione.
«Al contrario, siamo di fronte ad uno stravolgimento ancora più profondo e che ci espone a pericoli ancora maggiori».