Home CRONACA In Iran sette impiccati in un giorno, due erano donne

In Iran sette impiccati in un giorno, due erano donne

L'Iran ha giustiziato almeno sette persone, tra cui due donne, nell’arco di un solo giorno. A denunciarlo è stata la Ong con sede a Oslo, Iran Human Rights (Ihr), secondo cui sarebbe a rischio imminente di esecuzione anche un membro della minoranza ebraica. 

L’Iran ha giustiziato almeno sette persone, tra cui due donne, nell’arco di un solo giorno. A denunciarlo è stata la Ong con sede a Oslo, Iran Human Rights (Ihr), secondo cui sarebbe a rischio imminente di esecuzione anche un membro della minoranza ebraica. 

Sul patibolo tra loro Fatemeh Abdullahi, 27 anni, impiccata a Nishapur, nell’Iran orientale, con l’accusa di aver ucciso suo marito (che era anche suo cugino).

«Il silenzio della comunità internazionale è inaccettabile», denuncia il direttore dell’Ihr Mahmood Amiry-Moghaddam.

«Le persone sulla forca appartengono ai gruppi poveri ed emarginati della società iraniana e non hanno avuto processi equi».

La pena capitale è ancora comminata in vari Stati: Egitto, Libia, Nigeria, Somalia, Sudan, Usa, Iran, Iraq, Giappone, Cina, Corea del Nord, Pakistan, Thailandia, Vietnam ed Emirati Arabi.

A battersi per l’abolizione di una barbarie che, come dimostrato ampiamente, non ha alcun deterrente sulla criminalità sono in prima linea più Ong.

Amnesty International conduce da anni una campagna di sensibilizzazione a tappeto. In Italia, l’associazione Nessuno tocchi Caino.

Nel Paese dei mullah e degli ayatollah, il rituale delle esecuzioni si richiama a una legge del taglione che non vigeva nemmeno nell’Età della Pietra.

Il condannato sale sul patibolo davanti ai parenti della vittima che avrebbe assassinato. Nel caso delle donne, spesso, spose bambine costrette a matrimoni che le espongono a una tortura quotidiana.

Violenze, soprusi, abusi da parte di un marito che non hanno scelto né che potrebbero ripudiare. Il divorzio non è contemplato dal fanatismo islamico.

Sistemato il cappio al collo, il supplizio prevede che il reo salga su uno sgabello.

A uno dei parenti della presunta vittima, il “privilegio” di tirare il calcio che farà pendere nel vuoto il condannato.

L’agonia atroce di questa pratica di pena capitale è stata descritta dettagliatamente dai boia del processo di Norimberga.

Ve la risparmiamo e sottolineiamo che nemmeno i più efferati kapò nazisti, per noi di Dillinger, avrebbero dovuto diventare pendagli da forca.

L’umanità è un concetto dal senso prezioso e diverso da queste porcherie.

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