Il ministro dell’Istruzione e del Merito, in una conferenza stampa, rivendica l’obbligo da parte delle scuole di accertare la conoscenza dell’italiano
Concentriamoci anche sui professori
“Interveniamo, come promesso, sul tema dell’integrazione scolastica degli alunni stranieri, partiamo da un presupposto: il 30% dei ragazzi stranieri si disperde, il 22% non ha competenze adeguate alla lingua italiana.
Ci concentriamo su quegli studenti stranieri di prima immigrazione che non conoscono la lingua italiana.
Le scuole quindi saranno obbligate a verificare, ad accertare la conoscenza della lingua italiana per studenti di prima immigrazione”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, in una conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri.
Ma questa norma sacrosanta, perché invece di farla valere solo agli studenti non la estendiamo anche ai professori? Non sarebbe opportuno accertarsi anche della loro conoscenza della lingua, caro ministro?
I corsi di potenziamento
Poi ha specificato: il potenziamento dell’insegnamento dell’italiano in classe “non è una iniziativa spot, ma una grande iniziativa con risorse significative per formare docenti che insegneranno l’italiano a ragazzi che non hanno alcuna conoscenza della nostra lingua, non sanno dire neanche ‘buongiorno’ e ‘buonasera’ e sono quelli maggiormente fragili”, ha spiegato il ministro rivendicando una “norma di civiltà, molto inclusiva, che non discrimina, perché vengono messi in classe insieme agli altri ma avranno corsi italiano potenziato”. Ma se i professori sono i primi a non saper parlare italiano, come si fa ministro?
Riguardo alla chiusura delle scuole in occasione delle feste religiose, Valditara ha spiegato che questa non favorisce l’integrazione: “Sul discorso di Pioltello ci eravamo già pronunciati. Riteniamo che chiudere le scuole non serve all’integrazione. Riteniamo anche che se ogni appartenenza religiosa dovesse essere motivo per consentire la chiusura di una scuola rischieremmo di avere il caos nel nostro sistema scolastico, con un’esplosione di chiusure di scuole:
la legge parla chiaro e dice che solo per motivi didattici si può derogare dal calendario scolastico regionale, valuteremo se la legge sarà disattesa e se ci saranno iniziative che nulla avranno a che vedere con l’esigenza della didattica interverremo perché la legge vada fatta rispettare”.
Escludere Dante per motivi religiosi?
E poi, al termine della conferenza stampa, il ministro ha risposto ad una domanda sul caso dei genitori di fede islamica di due studenti di una scuola media della provincia di Treviso, che avrebbero chiesto e ottenuto che ai propri figli non venisse insegnata “La Divina commedia” di Dante che a loro dire sarebbe offensiva per la religione musulmana.
“E’ inammissibile escludere Dante: è uno dei pilastri della nostra letteratura e della nostra storia” ha detto il ministro che ha specificato: “Abbiamo disposto un’ispezione per verificare come stiano effettivamente i fatti: oggettivamente un’esclusione dal programma scolastico di uno dei pilastri della nostra letteratura e della nostra storia, per motivi religiosi, culturali, di doglianze di qualche famiglia, non abbiamo ben capito, è del tutto inammissibile”. E menomale.