«Pietro Genovese e la madre, per la prima volta, si sono avvicinati e mi hanno abbracciata. Lui non ha pronunciato esattamente la parola scusa, ma ho capito il suo intento. Ovviamente sono una mamma anch’io… Erano cinque anni che aspettavo delle scuse».
Sono passati quasi cinque anni dalla notte del 22 dicembre in cui Gabriella Saracino ha perso la figlia Gaia von Freymann, sedicenne, travolta da un’auto con alla guida Pietro Genovese, oggi 25enne. Il luogo dello schianto è Corso Francia e, come Gaia, se ne è andata l’amica coetanea Camilla Romagnoli.
Le due ragazzine attraversavano una strada che, come sa bene chi abita a nord di Roma, è altamente pericolosa e incoraggia, per la sua lunghezza e i guard-rail spartitraffico, a prendere notevole velocità. Come ha fatto il figlio del regista Paolo Genovese, noto per il film Perfetti sconosciuti. Pietro andava troppo forte e in condizioni di visibilità non ottimali. Per Gaia e Gabriella non c’è stato niente da fare, l’impatto troppo devastante.
Pietro Genovese sta scontando 5 anni e 4 mesi agli arresti domiciliari. Venerdì 24 maggio si è tenuta un’udienza per una sua presunta evasione dal luogo dove deve scontare la sua pena. Gabriella Saracino, come in tutte le precedenti udienze, era presente in aula. Lei, la madre di Pietro e il ragazzo colpevole si sono parlati per la prima volta. A La Repubblica, ha rilasciato una breve intervista che è uno spaccato esemplare di umanità e lucidità.
«Come dissi anche al papà Paolo che ho incontrato due anni fa», spiega Gabriella Saracino, raccontando che cosa si sono dette le due madri, «ho ribadito che forse questo ragazzo andava controllato con più attenzione, perché era già recidivo in comportamenti poco consoni al volante. Vede, molte volte sento parlare di “tre famiglie distrutte”. Due sicuramente, perché noi non sentiremo mai più aprire la porta di casa dalle nostre figlie e non guarderemo più negli occhi le bimbe che avevamo visto sbocciare. Premesso questo, e ferma restando il concetto, penso che anche la terza famiglia sia senz’altro sofferente. E venerdì ho letto negli occhi di una mamma la sua sofferenza. Mi ha detto: “Non so come faccia”…».
Un ragazzo provato e fragile
«Ho apprezzato il gesto», continua la signora, «devo dire che entrambi, madre e figlio, mi sono sembrati sinceri. Le lacrime, se una persona fingesse, non scorrerebbero. Però, allo stesso tempo, credo che avrebbero potuto farlo cinque anni fa. E gliel’ho detto: “Sono anni che sia io sia la mamma di Camilla aspettiamo queste scuse”. Ci siamo fatti sette udienze con Pietro davanti. Venerdì li ho visti commossi».
«In Pietro ho visto un ragazzo molto provato e ancora estremamente fragile, non mi aveva mai guardato negli occhi. L’ho abbracciato, per età potrebbe essere figlio mio. E devo dire che comunque mi è dispiaciuto vedere un ragazzo che soffre. Mi hanno detto che fatica a dormire, che vede i video di Gaia e Camilla… insomma, è una situazione tragica anche la sua, anche se, ovviamente, non come la nostra. Mi ha fatto tenerezza. Che devo fare? Potrei risultare una campana stonata, ma è così».
Ai servizi sociali
Gabriella Romagnoli ha detto in passato che Pietro meriterebbe una pena più severa. «Sì, ma non il carcere, perché in questa situazione non sarebbe educativo. Mi aspetto che il tribunale di sorveglianza gli dia i servizi sociali. Credo che per un ragazzo di vent’anni, che si è macchiato di un duplice omicidio stradale, sia necessario. Il carcere serve per altre situazioni, ad esempio per chi commette omicidi volontari.
Questa è una situazione diversa: Pietro Genovese quella notte non è uscito di casa con l’intenzione di uccidere due ragazze. Anche se, dai suoi comportamenti alla guida, a mio avviso era prevedibile potesse accadere. Per cui penso che i servizi sociali potrebbero servirgli. Per esempio, un servizio sociale all’interno di un orfanotrofio o di un carcere potrebbe fargli capire cosa significhi il vero dolore. Rendersi conto di essere nato in un contesto fortunato, che potrebbe non durare in eterno, e dunque responsabilizzarsi, mettersi al servizio degli altri».