Al tribunale di Imperia si apre il processo dove Morgan è accusato di diffamazione aggravata da Christian Bugatti, in arte Bugo, in relazione all’episodio a Sanremo 2020, quando Marco Castoldi (vero nome di Morgan) cambiò all’ultimo momento il testo della canzone che cantavano in duetto, Sincero.
Prima di comparire in aula, l’artista monzese fondatore dei Bluvertigo posta sui social un video per anticipare le riflessioni che proporrà nel dibattimento. Una volta sul banco degli imputati, Morgan si auto-arringa: «Sono stato massacrato, avevo paura di essere picchiato, ero chiuso in camera. Dal 31 gennaio è iniziato un terrorismo, hanno iniziato a minacciarmi.
«Bugo mi ha fatto del body shaming dicendo che sono un nano, il suo insulto preferito è “nano Mozart di m**da” o “nano sul monopattino” Sono processato per aver fatto un’opera d’arte».
«Conosco Bugo dal 2022, in occasione di un festival musicale e c’era, da parte mia, una stima altissima nei confronti di questo artista che non avevo ancora incontrato. Da lì siamo rimasti in contatto costantemente con un rapporto, da parte mia, di grande stima.
«Mi chiedeva tutti gli anni di fare il Festival di Sanremo, era un suo sogno e già nel 2019 mi aveva contattato per fargli da direttore d’orchestra e ospite, per una canzone che poi non è stata ammessa se non l’anno dopo. A Sanremo 2020 la mia partecipazione è stata “featuring”, come se la mia presenza fosse stata declassata».
Ribaltamento algebrico
Morgan spiega che cosa l’ha portato a cambiare i versi della canzone in gara, nella quarta serata del Festival: «Non è stato premeditato, l’ho scritto 5 minuti prima di salire sul palco. È stato un atto di poesia e il ribaltamento algebrico del testo originale, per farlo guardare allo specchio. È stato un dissing, è una cosa normalissima, ma lui non essendo all’altezza è scappato. Per averlo reso famoso mi sono stati chiesti 240mila euro. A distanza di 4 anni Bugatti ha ancora bisogno di insultarmi ma io non l’ho mai denunciato».
Nel video postato sui social prima dell’udienza, Morgan è lucidissimo: «Sono stato accusato di un reato. Questa è una storia interessante, ma che non è stata capita. Un processo è un’occasione di indagine, di dibattito, di diatriba, di studio. L’episodio a Sanremo con Bugo appartiene all’ambito dell’arte, della rappresentazione, più che della giurisprudenza… Improvvisare quel testo è stato un estremo gesto di affermazione del diritto al rispetto, espresso nel mio linguaggio, quello della canzone».
«Zittito, soffocato»
«Io sono un essere umano», continua Morgan. «Che arriva su quel palco stremato, esausto, vilipeso, danneggiato profondamente. Ho dovuto pensare all’unico modo per non farmi uccidere. Il mio testo era una denuncia, in quelle parole improvvisate l’estrema soluzione per chiedere il diritto al rispetto. Rispetto per tanti motivi, gli stessi motivi per cui tutte le persone vanno rispettate, perché hanno una mente, hanno un cuore, un sentimento, delle parole, delle ragioni. Io non sono uno strumento però sono stato utilizzato brutalmente e soprattutto colpito nel punto più importante della mia vita, che è la mia arte, che è la musica.
«Da parte loro c’era solo l’intenzione “usa-e-getta”. In questa vicenda io sono l’imputato ma in realtà finalmente ho una parola, perché io non sono mai stato autorizzato a fare le conferenze, a parlare coi giornalisti. Io venivo zittito, soffocato, oscurato. Domani mattina ci sarà l’udienza e io per la prima volta posso dire la mia verità. Finalmente si può pensare a quel gesto poetico e capire che quello che ho fatto non contiene volgarità, violenza, pornografia od offesa. Soltanto il diritto al rispetto che mi veniva negato: mesi di offese, sfruttamento, inganno mesi di brutture».