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Giorgia Meloni parla della riforma della giustizia

Il Premier Giorgia Meloni lo aveva detto e lo sta facendo: per questo governo la riforma della giustizia è uno dei capisaldi che vanno portati a termine.

E per chi vede una vendetta nei confronti dei magistrati, la Meloni ha prontamente risposto: “Di che cosa dovrei vendicarmi con i magistrati? Non capisco perché si possa considerare punitiva nei confronti dei pubblici ministeri la separazione delle carriere”.

“Considero bizzarro che possa essere una vendetta, uno si vendica di qualcuno che ha fatto qualcosa di male, si vendica di un nemico”.

Il problema è che tutto ciò sta creando scompiglio nell’ANM perché non si sentono più liberi. Ma liberi da cosa? Non dovrebbero collaborare teoricamente i due poteri piuttosto che farsi la lotta?

Che cosa prevede la riforma della giustizia

La riforma prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Con concorsi differenziati e impossibilità di passare da una funzione all’altra. L’articolo 104 della Costituzione diventa: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”.

Già nella riforma Cartabia si dava la possibilità di un solo “salto” di carriera. La riforma non tocca il tema della modalità di accesso alla professione, che sarà invece demandato alla legge ordinaria. Nasceranno due concorsi: quello per i giudici e quello per i pm.

Concorsi separati

Il testo della riforma della giustizia del governo Meloni si compone di otto articoli dal titolo “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”. Il via libera del Consiglio dei ministri al Ddl costituzionale di Carlo Nordio è però solo un primo passo.

Ora l’iter per l’approvazione definitiva, essendo una legge che modifica la Costituzione, deve essere approvata da ciascuna camera con due successive deliberazioni a un intervallo di almeno tre mesi.

Alla seconda votazione la legge deve essere approvata con una maggioranza dei due terzi. Se i numeri non si raggiungono, si andrà al referendum.

Già oggi le critiche sono molte: si va dal rischio di aumento degli effetti distorsivi e al rischio che non risolva nulla sui tempi.

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